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mercoledì 8 ottobre 2025

Il Papa e la questione sulla Messa in latino. Non è questione di ideologia o politica, ma questione di verità e coerenza di fede!


Nelle settimane scorse la testata "Crux" ha pubblicato un'intervista al Santo Padre nella quale, fra le altre cose, si chiedeva come intende affrontare la questione delle divisioni liturgiche all'interno della Chiesa. L'intervistatrice metteva in luce il delicato problema della Liturgia preconciliare, argomento molto spinoso che però bisogna affrontare con serietà e onestà intellettuale.

Le risposte del Santo Padre però hanno destato qualche malumore, infatti il pontefice ha posto la questione su un piano ideologico e politico che non focalizza affatto il problema e tradisce un'ignoranza profonda della questione.

Primo dato fondamentale che deve essere analizzato per dirimere la questione è comprendere che l'affezione della maggior parte dei fedeli verso la liturgia tradizionale o tridentina che dir si voglia, non è assolutamente legata a questioni di carattere ideologico o politico, e nemmeno di preferenza estetica. Purtroppo nel panorama "tradizionalista" ci sono diversi approcci alla liturgia tradizionale e a tutto ciò che vi ruota intorno.

Fra le varie congregazioni religiose legate alla Messa antica, quasi tutte dichiarano, più o meno esplicitamente, che la loro è una scelta che risponde ad una "preferenza" rispetto alla nuova Messa, scelta che tradisce di fatto un riconoscimento di legittimità della nuova Messa. Una legittimità che viene esplicitamente espressa anche negli statuti di queste congregazioni. La differenza, secondo il loro punto di vista, è di carattere puramente "esteriore". La Messa tradizionale trasmette meglio il carattere del sacro, esprime meglio la fede cattolica, sottolinea il carattere verticale della liturgia, imprime più efficacemente nell'animo dei fedeli le verità della fede e quindi sarebbe da preferire. tutte queste cose sono vere, ma questo, sempre secondo il loro punto di vista, non significa che la nuova Messa sia malvagia, ma che ha nel suo insieme un carattere più debole, ma che in sostanza non si discosta dalla teologia cattolica. Questi istituti non prendono le distanze in maniera netta e chiara dal "novus ordo missae", lo considerano solo pastoralmente meno efficace rispetto al "vetus ordo missae", di conseguenza il primo lo si accetta a denti stretti senza nessuna condanna esplicita, mentre il secondo è da preferire. In questo contesto non si fatica assolutamente ad accettare il "mostrum canonicum" del rito romano in due forme, come anche non si ha difficoltà ad inserirsi in quell'espressione che sa di presa in giro di "ermeneutica della continuità"

Sta di fatto che la realtà è leggermente diversa, il vetus ordo missae è e deve continuare ad essere l'unica espressione legittima della "Lex Credendi", e questo lo dico (si badi bene) non per una presa di posizione o per una sterile ed effimera "ideologia", ma perché è ciò che volle papa S. Pio V quando promulgò il "Missale Romanum" con la bolla "quo primum tempore". S. Pio V volle fare un operazione di codificazione definitiva della "Lex Orandi" in maniera tale che tutto l'orbe cattolico (seppur con qualche minima eccezione), esprimesse per sempre la propria fede nel medesimo modo. Il concetto di base è: "la fede non cambia e quindi non cambia il modo di esprimerla". E' vero che ci sono altri riti diversi dal romano, alcuni anche molto antichi che coesistono insieme dall'epoca apostolica, ma la Chiesa è sempre stata molto attenta affinché tutti siano espressione della vera fede, infatti S. Pio V non abolì i riti antichi presenti nell'orbe cattolico ad eccezione di quelli che non godevano di più di 200 anni di storia.

La stessa cosa non può essere detta della nuova Messa, è un rito completamente nuovo e diverso dal precedente e per accorgersene basta confrontare i messali. La nuova Messa assomiglia più al rito protestante, al punto che nei primi tempi della sua promulgazione alcuni teologi luterani ebbero parole di apprezzamento del nuovo rito, affermando che per loro non ci sarebbe stata difficoltà nel parteciparvi. Ecco le parole di Roger Adolphe Mehl, teologo e sociologo protestante:

«Se si tiene conto dell'evoluzione decisiva della liturgia eucaristica cattolica, della possibilità di sostituire il Canone della messa con altre preghiere liturgiche, della cancellazione dell'idea secondo cui la messa costituirebbe un sacrificio, della possibilità di comunicarsi sotto le due specie, non ci sono più di ragioni per le Chiese della Riforma di vietare ai loro fedeli di prendere parte all'Eucarestia nella Chiesa romana»[1]

Non a caso i cardinali Bacci e Ottaviani definirono il "novus ordo missae" «un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della santa Messa»[2] Stando a quanto detto ora e a quanto già dimostrato più volte dalle pagine di questo blog, risulta chiaro che qualsiasi tentativo di cambiamento radicale della liturgia così come avvenuto nel Vaticano II, assume un carattere di illegittimità, oltre che di evidentissima inaccettabilità teologica, difronte la quale non possiamo voltarci dall'altra parte.

Ne risulta che la scelta di assistere alla S. Messa tridentina non deve essere spinta da motivi di carattere estetico, politico o ideologico, ma è una scelta di verità liturgica, storica, dottrinale, teologica e di coerenza di fede.

Risulta chiaro che questo discorso non può essere accettato se non si accetta che il vero problema sono le riforme conciliari che coinvolgono non solo la liturgia, ma tutti gli aspetti vitali della Chiesa che sono stati scalfiti da queste riforme. Il modo stesso di intendere la Chiesa e il suo ruolo nel mondo è uno dei punti nevralgici della riforma del Vaticano II. La liturgia "montiniana" esprime questo modo di intendere la Chiesa che è in contraddizione con ciò che la Chiesa è. La vera ideologia estranea alla Chiesa e dal quale bisogna prendere le distanze è proprio quella del Vaticano II e delle sue riforme, e il primo passo per fare questo non può che passare dal rifiuto categorico, netto e definitivo di un modo di intendere la Chiesa che non le appartiene.

Fin quando si continuerà a credere che il problema della Messa è una questione di sensibilità, di preferenze estetiche, di ideologie non ben definite e di appartenenze politiche, il problema non troverà mai soluzione, o meglio, le soluzioni applicate saranno sempre insufficienti e palliative, come se si volesse curare solo il dolore di una malattia senza ricorrere al medicinale che porta alla guarigione.


don Bastiano Del Grillo


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Note:

[1] Cfr. R. A. Mehl, «Catholiques et protestants peuvent-ils se retrouver dans la communion eucharistique»? («Cattolici e protestanti possono ritrovarsi nella comunione eucaristica»?), in Le Monde, del 10 settembre 1972, pag. 12.

[2] Cardinali Ottaviani e Bacci, Breve esame critico del «Novus Ordo Missæ» Presentato al Pontefice Paolo VI, 5 Giugno 1969

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