In questo mio articolo, che dividerò in due parti, cercherò di analizzare e di riflettere su alcuni dati per comprendere se realmente la S. Messa in latino, di cui spesso si parla, sia realmente un problema per la Chiesa di oggi. L’argomento, se trattato in maniera capillare richiederebbe pagine e pagine di analisi, ma vorrei che questo mio scritto non fosse un trattato di teologia solo per gli “addetti ai lavori”, ma che sia di facile comprensione anche a quelle persone che non sono addentrate quotidianamente con i problemi della Chiesa, ma che vogliono capire qualcosa in più del mondo ecclesiale in cui tutti a diverso titolo, siamo inseriti.
Qualche giorno fa pubblicai un articolo in forma di “lettera
aperta” a Papa Francesco, rispondendo ad un’accusa piuttosto offensiva nei
confronti dei sacerdoti e dei fedeli tradizionalisti, contenuta nella sua
autobiografia da poco pubblicata, in cui apostrofava tali sacerdoti e fedeli
come “squilibrati”.
Appare chiaro perciò che a queste accuse non bisogna
rispondere solo con l’irruenza dell’emotività del momento, ma anche analizzando
la questione in maniera possibilmente onesta attingendo a dei dati
indipendenti.
Lo scopo come già detto è quello di capire se la S. Messa in
latino (detta anche tridentina o tradizionale) che Papa S. Pio V ha voluto
estendere a tutta la Chiesa nel 1570, sia davvero un problema per la Chiesa di
oggi così come Papa Francesco vuole far credere.
Senza perderci in inutili discorsi entriamo subito ad
analizzare la questione.
Messa “antica”, problemi “nuovi”
Nell'immaginario comune, la così detta "Messa in
Latino" è diventata l'emblema di una Chiesa del passato, di una Chiesa che
non era in grado di farsi capire perché usava una lingua ormai pressoché
sconosciuta alle masse, sembrava necessario che la Chiesa adottasse finalmente
le lingue nazionali per permettere ai fedeli di capire ciò che il prete
dicesse.
Negli ultimi tempi, soprattutto dopo il motu proprio di
Benedetto XVI "Summorum Pontificum", si è assistito ad un interesse
sempre maggiore verso la Messa Tridentina di S. Pio V, più volgarmente chiamata
Messa in latino.
Ma per comprendere meglio di ciò di cui parliamo è
necessario fare un passo indietro. Nel 1965 Papa Paolo VI, su impulso del
concilio Vaticano II, iniziò una revisione piuttosto profonda del “Messale
Romano” permettendo di celebrare la Messa con molte parti tradotte nelle varie
lingue nazionali. "Finalmente" qualcuno potrebbe esclamare!
Perché allora questo ritorno alla Messa tradizionale per
giunta in latino? Da cosa è stato favorito? Se tanto si è gioito con l'uscita
del nuovo messale come può esserci un ritorno al passato che si credeva ormai
lontano e superato?
Nostro Signore nei vangeli ci dice che "l'albero
si riconosce dai frutti" (Cfr. Lc.6,43-45), quindi per
comprendere la genuinità o meno di questa operazione voluta del concilio,
bisogna necessariamente valutare i frutti che da essa ne sono derivati. In
tutta onestà bisogna riconoscere che dopo il concilio sembra che la Chiesa abbia
imboccato una strada piuttosto accidentata e che i frutti che oggi si stanno
raccogliendo, in realtà non siano proprio quelli sperati. Lo stesso Paolo VI in
un’omelia pronunciata il 29 giugno 1972 disse:
«[Sembra che] da qualche fessura sia entrato
il fumo di Satana nel tempio di Dio. Non ci si fida più
della Chiesa, ci si fida del primo profano che viene a parlarci da qualche
giornale per rincorrerlo e chiedere a lui se ha la formula della vera vita. C’è
il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il
confronto. Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di
sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole,
di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza.»
Se l'aver introdotto delle innovazioni nella liturgia aveva
lo scopo di avvicinare i fedeli ad una comprensione maggiore e più profonda dei
misteri della fede, sembrerebbe che in realtà qualcosa sia andato storto.
L'aver reso più comprensibile la S. Messa attraverso le lingue nazionali non ha
portato i risultati sperati, di fatto la conoscenza della dottrina cattolica
nel popolo è di fatto molto bassa. Più avanti analizzeremo questo dato, ma per
ora concentriamoci sull'aspetto della comprensione della lingua liturgica.
Incomprensione della liturgia in latino, un falso mito!
Una delle convinzioni che fanno pensare che la "Messa
in latino" non vada bene, nasce dal fatto che si crede che la comprensione
delle parole sia il punto centrale che impedisce ai fedeli di avvicinarsi alla
comprensione dei misteri celebrati. Innegabilmente la comprensione di una
lingua è determinante in un dialogo fra due persone, e se questo vale per gli
uomini sembra evidente che valga anche se in questo dialogo l'interlocutore è
Dio. Ma se questo fosse vero si potrebbe dire che la Chiesa, e Dio attraverso
di essa, almeno in Europa sia stata incomprensibile agli uomini pressoché in
tutte le epoche, o quantomeno dal momento in cui il latino non era più
considerata una lingua “viva”. Ancora di più lo potremmo dire per tutti quei
popoli con lingue che non avevano origini latine, ma che nonostante questo
hanno ricevuto l'annuncio del Vangelo e si sono cibati del nutrimento
dottrinale che la Chiesa dava loro attraverso la liturgia.
Ma se il fulcro della questione è la lingua, come hanno
fatto questi popoli a credere e professare la loro fede? O in epoche più
recenti, come hanno fatto le nostre nonne a vivere la fede e la liturgia con
una Chiesa che parlava e faceva parlare a Dio con una lingua sconosciuta?
Sembra evidente che la trasmissione della fede non dipenda dalla lingua, e per
certi aspetti sembrerebbe che la lingua sia del tutto ininfluente nella
comprensione dei misteri celebrati.
Una riprova di questo aspetto, lo possiamo toccare
facilmente recandoci fuori di una qualsiasi chiesa in cui si sia appena
celebrata la Messa in italiano. Se facciamo una semplice domanda (alla quale
volutamente qui non daremo una risposta) ai fedeli in uscita dalla chiesa su
cosa sia la S. Messa, la maggior parte delle persone darà una risposta vaga e
soprattutto ogn'uno darà una risposta diversa da un altro. Qualcuno dirà che è
una preghiera comune, altri diranno che è una "festa", altri ancora
diranno che è il ricordo dell'ultima cena, qualcuno improvviserà a dare una
risposta qualunque, ma su tutti i volti noterete un enorme imbarazzo, perché
sostanzialmente nessuno saprebbe darvi una risposta semplice, univoca e
convinta di cosa sia la S. Messa. Eppure la Messa alla quale hanno appena
finito di partecipare è stata celebrata nella propria lingua natia, o comunque
in una lingua "familiare".
Qualche dato.
Ma parlare in questi termini potrebbe sembrare tendenzioso,
proviamo allora a leggere e commentare qualche dato sulla frequenza alla S. Messa
e ai sacramenti da quando fu introdotta la così detta "Messa in
italiano". Pressoché tutti gli istituti o organi di statistica, compreso
l'Istat evidenziano un calo drastico della pratica religiosa in Italia, non
solo nel periodo recente (ultimi 20 anni) ma anche nei periodi post '68.
Ricordiamo che il nuovo messale fu inizialmente e gradualmente introdotto dal
1965 fino alla versione del 1972, che fu a sua volta leggermente revisionata da
Papa Francesco nella versione italiana nel 2019. Considerando che il nostro
intento è di analizzare il cambiamento fra ciò che avveniva prima
dell'introduzione della Messa in italiano e ciò che è avvenuto dopo, ci
rendiamo conto di prendere in esame un periodo piuttosto lungo che va oltre i
60anni! Nel grafico in figura (qui la
fonte) vediamo la partecipazione dei cattolici (comparata alla partecipazione
dei protestanti che in questo momento non ci interessano) nel quale si evince
che dal 1955 al 2003, la frequenza alla messa almeno una volta alla settimana è
passata dal 74% del 1955 ad un 44% dell'anno 2000, per poi risalire leggermente
al 47% del 2003. Il grafico non analizza il periodo successivo che ha
registrato un costante declino continuo fino ai giorni nostri per giungere ad
un minimo storico nel periodo post-pandemico.
Questi dati riportati sono pochi, ammettiamolo, ma
onestamente tutti gli studi statistici e i dati relativi al declino della
pratica religiosa a livello mondiale, sono tutti concordi fra loro, e
diciamocelo pure chiaramente, è anche molto sconfortante! Analizzare tutti i
dati sarebbe superfluo perché in buona sostanza sono pressoché tutti simili.
Basta navigare un po' in internet per farsi una idea abbastanza chiara.
Analizziamo ora i risultati di un altro studio, che al
contrario lascia piacevolmente e positivamente colpiti, ovvero i dati relativi
al gradimento nei confronti della liturgia tradizionale. Non parliamo qui
vagamente della "Messa in latino", ma della Messa tridentina
tradizionale, quella promulgata da S. Pio V con la Bolla "Quo Primum
Tempore", quella prima del concilio Vaticano II, quella dei nostri nonni per
intenderci, chi la conosce sa quanto sia diversa dalla Messa
"moderna".
I dati vengono da un'analisi dell'istituto DOXA, (qui il
commento di messailatino.it) quindi un organo del tutto indipendente e
affidabile. Da questi dati emerge come solo il 58% dei cattolici italiani ha
sentito parlare del motu proprio con cui Benedetto XVI ha
"liberalizzato" la Messa tradizionale. Il 71% dei cattolici (64% fra
quelli che partecipano almeno una volta al mese) troverebbe del tutto normale
che la Messa tradizionale fosse affiancata alla "Messa nuova", e se
consideriamo che gli indecisi si aggirano fra il 6-7%, rimane un 22-24% che
sarebbe del tutto contrario. Ma la cosa estremamente curiosa è che in questa
percentuale di contrari la maggioranza sarebbero donne al di sotto dei 55 anni
che notoriamente sono quelle "donne impegnate" nelle parrocchie che
hanno grande influenza nelle decisioni dei parroci.
L'ultima domanda è forse quella che desta la maggior
sorpresa, in effetti il 21% dei cattolici, cifra che sale al 40% fra coloro che
frequentano la Messa tutte le domeniche, dichiara che preferirebbero andare
tutte le settimane alla Messa di S. Pio V se la trovassero nella loro
parrocchia! Parlando in termini assoluti e dando delle cifre concrete, 9
milioni di Italiani andrebbero tutte le domeniche alla Messa in latino
piuttosto che alla Messa nuova. È un dato veramente incredibile! Ma non è
finita, perché se consideriamo quelli che frequentano almeno una volta al mese,
la cifra sale al 33% di tutti i cattolici, e al 63% di quelli che frequentano
almeno una volta al mese. Detto in altri termini 2 praticanti su 3
andrebbero alla messa tridentina almeno una volta al mese se
l'avessero nella propria parrocchia!
Questi dati non fanno altro che confermare quello che del
resto avviene anche nei riti orientali, ovvero che non è la lingua e la
comprensione delle parole che attira la gente a Messa, (nei riti orientali
infatti si usa di norma il greco antico, il cirillico o altre lingue non
moderne) ma è il desiderio di essere nutriti da una liturgia che abbia un
carattere verticale, che pone il fedele davanti al mistero da contemplare,
mistero che non si comprende con le parole ma con l'interiorità
dell'anima, al fedele interessa la celebrazione della bellezza, della
verità e come già detto dei misteri di Dio.
Non a caso ho citato i riti orientali, nelle nazioni e nelle
Chiese che utilizzano, ad esempio, i riti di S. Giovanni Crisostomo, la
frequenza è pressoché rimasta costante, nonostante la liturgia utilizzi delle
lingue antiche. Anche in queste realtà si è mostrato un declino nella
partecipazione, ma è dovuto ad un fenomeno generale di allontanamento dalla
fede, e comunque sempre molto meno marcato rispetto alla Chiesa Romana.
CONTINUA...
_____________________
Note:
[1] Perché la gente non va più in chiesa. vivailconcilio.it
[2] Cfr. finanza.republica.it
Nessun commento:
Posta un commento
Si prega scrivere in italiano corretto e di avere un linguaggio educato e rispettoso. I commenti contenenti insulti o volgarità non saranno pubblicati.