Qualche giorno fa sul blog di Aldo Maria Valli (QUI) è apparsa una testimonianza di un sacerdote che è stato ridotto allo stato laicale per "disobbedienza" il sacerdote in questione è don Alejandro Rodolfo Gwerder della diocesi di Mercedes-Lujàn in Argentina.
La scure di papa Francesco continua a mietere le sue vittime, e questo non è altro che uno degli ultimi esempi di come Francesco attraverso i suoi sicari vada in giro alla ricerca di dissidenti, e purtroppo questo caso non è destinato ad essere l'ultimo.
Oggi sembra molto di moda che la dissidenza nei confronti di papa Francesco abbia come risposta l'eliminazione fisica del contestatore. In tempi lontani chi si discostava della dottrina cattolica rischiava il rogo, oggi ci siamo modernizzati e siamo diventati più "caritatevoli" e "misericordiosi", se ci si mette contro l'autorità essa risponde con una apparente meno dolorosa e meno appariscente riduzione allo stato laicale. La differenza però non risiede nel metodo usato dal legislatore, ma nel contenuto di ciò che viene condannato. Se prima si condannava l'eresia e colui che la diffondeva, oggi si condanna la dissidenza in quanto tale.
Non sappiamo al momento quali siano le specifiche motivazioni che hanno portato la diocesi Argentina ad emettere una così grave sanzione, sul decreto si parla genericamente di delitti contro l'obbedienza, la comunione ecclesiale e gli obblighi sacerdotali, ma una cosa è certa; per la Chiesa di oggi comminare una tale pena è diventato come lasciare una multa per divieto di sosta. Faccio notare infatti che la riduzione allo stato laicale era una pena gravissima comminata esclusivamente per reati gravissimi, e che quasi mai Roma ricorreva a tale decisione. Per fare un esempio mons. Lefebvre dopo le consacrazioni episcopali del 1988 senza mandato pontificio venne scomunicato, ma non venne mai ridotto allo stato laicale. Recentemente mons. Viganò che come tutti sappiamo è stato uno dei più duri avversari di papa Francesco, è stato scomunicato ma non ridotto allo stato laicale. Quali sarebbero quindi questi reati così gravi di questo sacerdote al punto da meritargli una pena così grave ed infamante come la riduzione allo stato laicale?
Dal blog di Valli si evince che questo sacerdote sia molto stimato e apprezzato, e nello stesso tempo sia profondamente legato alla tradizione della Chiesa, forse è proprio questo il problema? Probabile, soprattutto se leggiamo quello che lui stesso scrive:
Non voglio –
non ho mai voluto – né posso insegnare esplicitamente nulla di diverso da ciò
che la Chiesa ha sempre insegnato. Né voglio insinuare ai fedeli, neanche
implicitamente, il dubbio che ciò che oggi si propone come nuova corrente
ecclesiale sia qualcosa di buono o di vero. Non lo è. Personalmente ho
sempre desiderato e continuo a desiderare (per grazia di Dio) di non smettere
di pensare, pregare e agire nella Chiesa e secondo la Chiesa, né voglio
allontanarmi, nella dottrina e nella pratica, dalla Fede custodita e trasmessa
dalla Chiesa. Sono pienamente certo che solo la verità assicura l’unione con il
Capo invisibile della Chiesa, che è Cristo. Inoltre, è importante ricordare che
la carità si basa su una fede sincera e sana. E che l’unità della fede è il
vincolo principale che unisce i discepoli di Cristo. Non si può pretendere
l’unità di comunione e/o di governo ignorando l’unità della fede. Il Magistero
istituito da Gesù Cristo è un magistero vivo e anche un magistero
perpetuo che non può contraddire sé stesso senza contraddire ciò che la
Chiesa ha ricevuto dagli Apostoli di Cristo e da Cristo di Dio.
Sembra un film già visto, se difendi la Tradizione della Chiesa o celebri la Messa Tridentina o più genericamente se contesti l'eccessivo progressismo di papa Francesco fai una brutta fine. Purtroppo l'elenco di personalità epurate dal "misericordismo" di papa Francesco continua ad allungarsi, ricordo che fra gli ultimi clamorosi casi di epurazione c'è quello di mons. Strickland, (QUI) rimosso dalla diocesi di Tyler e noto per aver più volte contestato l'operato di papa Francesco e per essersi opposto all'applicazione delle restrizioni verso la Messa Tridentina nella sua diocesi.
I dettagli di questa vicenda legata a questo sacerdote come già detto non sono noti, ma ciò non ci impedisce di fare delle considerazioni e soprattutto prendere atto che chi solleva un problema è esso stesso un problema, al di la del fatto che il problema sollevato sia reale o meno. Di fatto ci risulta che chi pone domande di chiarimento a Roma (vedi ad esempio il caso dei dubia cardinalizi) è destinato a rimanere senza risposta, o meglio, una risposta monca o peggio una sanzione, perché per Roma porsi domande e porre questioni equivale a sovvertire l'ordine, quell'ordine che prevede obbedienza cieca, o come direbbe S. Tommaso D'Aquino, un'obbedienza disordinata che obbedisce anche a ciò che è illecito solo perché questa obbedienza è imposta dal superiore.[1]
Fermo restando che le motivazioni potrebbero anche giustificare una restrizione canonica, alla luce del modus operandi "tradizionale" della Chiesa del passato, ritengo del tutto smisurato e pericoloso il ricorso alla riduzione allo stato laicale. Chi di voi non si indignerebbe se un automobilista fosse sanzionato con l'ergastolo per aver parcheggiato in doppia fila? Ovvio che la pena non è equilibrata al reato! Quando dico che ritengo pericoloso questo atteggiamento mi riferisco in particolare al fatto che si insinua il pensiero secondo cui basti la firma di un documento per far cessare gli effetti del sacramento dell'ordine! Questo è molto pericoloso, perché tradisce una visione più umana che divina dell'ordine sacro da parte del papa e dei suoi collaboratori. Per loro il sacerdozio è come l'incarico di "ministro di governo", se non mi piace il tuo modo di lavorare ti tolgo l'incarico.
Il punto cruciale a mio parere è che il papa e l'ex Sant'Uffizio hanno paura che questi sacerdoti si organizzino, si associno, o più genericamente non considerino valide le loro imposizioni e continuino il loro ministero invocando lo stato di necessità così come fa la Fraternità S. Pio X. Roma ha paura che emergano le sue contraddizioni, o che più banalmente si senta minata la sua autorevolezza. A Roma hanno molta paura che qualcuno inizi a rompere troppo le scatole, ecco perché è più conveniente ricorrere a tali smisurate sanzioni, non potendo ricorrere al rogo ormai passato di moda o alla ghigliottina di gallica memoria, ricorrono alla riduzione allo stato laicale, che dal punto di vista giuridico e all'occhio dei più profani è meno sanguinolenta ma altrettanto efficacissima, se non altro per le ripercussioni che ha anche dal punto di vista civile [2].
Sembra di assistere alla morte del leone che nonostante il suo ferimento mortale continua a ruggire per far vedere che è lui il più forte.
Mi dispiace molto per la sorte di questo sacerdote, ma ormai è chiaro che al governo della Chiesa non c'è un pastore secondo il Cuore di Cristo, ma un tiranno che agisce per disperdere il gregge, e radunare attorno a se solo iene assetate di potere e di egocentrismo, pronte a vendersi e sacrificarsi per il "capo" e per la sua totale adorazione, si nutrono del suo orgoglio e sono pronte a tutto a discapito della verità evangelica che ben conoscono e che coscientemente mettono da parte, ne riconoscono i principi di base, ma preferiscono il loro interesse umano a discapito degli interessi di Dio.
Vorrei tanto che al termine di questa "fiction a puntate" trovassi la scritta "The End" ma purtroppo sembra, e ne sono più che certo, che dobbiamo ancora una volta aspettarci l'amara scritta "To Be Continued..."
don Bastiano Del Grillo
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note:
[1] Cfr. Summa Teologiae IIª-IIae q. 104 a. 5 ad 3
[2] Per lo stato italiano, in virtù dei patti lateranensi e del successivo concordato, un laico e di conseguenza anche un sacerdote ridotto allo stato laicale, se esercita il ministero sacerdotale senza averne le facoltà è perseguibile dalla legge civile.
Tutti conosciamo il motto benedettino "Ora et Labora" ovvero prega e lavora, questo motto non è semplicemente una regola di vita, ma una vera e propria filosofia strettamente legata al mondo monastico benedettino. San Benedetto da Norcia infatti voleva che i monasteri fossero autosufficienti, e che i monaci vivessero del loro lavoro. Questo ovviamente non significa affatto che i monaci non possono produrre e vendere i loro prodotti per acquistare beni che non è possibile produrre all'interno del monastero.
Nelle abbazie benedettine nacque una delle bevande fra le più amate al mondo: la birra, ma purtroppo questa produzione è stata via via abbandonata. Le cause sono diverse, fra cui la scarsità di monaci che potessero dedicarsi a questa attività produttiva in larga scala.
Da ormai moltissimo tempo la maggior parte dei prodotti così detti "monastici" non vengono quasi più prodotti dai monasteri, ma da aziende a cui sono state affidate le ricette originali e che producono a nome dei monasteri.
Questo vale ad esempio per la cioccolata dei Trappisti delle "Tre Fontane" di Roma prodotta da un'azienda molisana su ricetta dei monaci, o dai famosi prodotti dei "camandoli" che sono realizzati sempre su ricetta dei monaci ma da aziende esterne.
Una delle pochissime realtà in cui la produzione era ancora all'interno del monastero per mano dei monaci stessi era appunto la "Birra Nursia" un'eccellente birra artigianale prodotta dalle mani pazienti e sapienti dei monaci.
Ebbene, da alcune voci arrivate, sembrerebbe che da qualche tempo i monaci non producano più internamente al monastero la birra che viene distribuita per la vendita. Questa voce sembra tristemente confermata dall'etichetta apposta sulle bottiglie. Come si può vedere dalle immagini di seguito, le birre prodotte fino a poco tempo fa portavano questa dicitura:
"Prodotta ed imbottigliata da Monastero di San Benedetto in Norcia Via Reguardati, 22 - 06046 Norcia (PG), Italy",
mentre ora sulle etichette troviamo questa frase:
"Prodotta e imbottigliata per Terra Nursia s.r.l., Norcia - Italia nello stabilimento di via Madonna del Puglia snc 06035 Gualdo Cattaneo (PG) - ITALIA C.A. IT00PGA00114T".
particolare della vecchia etichetta
Particolari della nuova etichetta
Appare evidente che la produzione sia stata spostata al di fuori del monastero (oggi elevato ad abbazia), presso un'azienda specializzata in prodotti artigianali. Infatti se digitiamo l'indirizzo presente sull'etichetta viene fuori il sito dei MASTRI BIRRAI UMBRI, un'azienda artigianale che però non lascia nessuna sensazione di essere gestita dai nostri amati monaci.
Ma ciò che ha fatto balzare la mia attenzione, è anche la scritta immediatamente sopra:
"I monaci di Norcia, che abitano nella città natale di S. Benedetto, preparano questa birra con i migliori ingredienti, seguendo l'antica tradizione monastica".
Pagine del sito: Mastri Birrai Umbri
Mi sembra tutto molto incoerente! O i monaci hanno aperto un'azienda per conto loro fuori dal monastero, il ché oltre ad essere improbabile è anche smentito dall'impostazione del sito stesso, o i monaci hanno delegato la produzione ad un'azienda esterna, cosa che sembra più probabile. Ma allora perché scrivere sull'etichetta che la birra è prodotta dai monaci se non è vero?
Lo so sono cattivo, e so anche che a pensar male si fa peccato, ma spesso ci s'indovina. Ma anche dire le bugie è peccato!
Non discutiamo affatto sulla qualità del prodotto che sarà senza dubbio eccellente, ma sul fatto che tutti siano ancora convinti che la produzione sia portata avanti fisicamente dalle mani dei monaci senza che gli stessi abbiano comunicato pubblicamente di aver interrotto la produzione all'interno dell'abbazia. Questo non significa in maniera assoluta che i monaci non producano più la birra, ma semplicemente che quella destinata al commercio sia stata affidata ad una ditta esterna, e che probabilmente loro ne producono una piccola parte destinata al consumo interno.
Non so al momento da quanto tempo e quale sia il motivo che ha portato i monaci a demandare la produzione all'esterno del monastero, ma una cosa è certa: sul loro sito e in generale sui vari siti che distribuiscono la birra appare in maniera inequivocabile che la birra sia ancora prodotta dai monaci in persona, il che sarebbe una vera e propria "pubblicità ingannevole". Non solo, verrebbe anche meno il prestigio dell'abbazia, che non sarebbe più il luogo in cui si realizza appieno il motto benedettino "Ora et Labora", la preghiera e il lavoro infatti dovrebbero essere le facce di una stessa medaglia, le colonne portanti di un ordine nato proprio con l'intento di santificare il lavoro con la preghiera e unire ad essa la fatica quotidiana.
Personalmente sono molto dispiaciuto di questa notizia, e sarebbe mio desiderio essere smentito e sapere che non sia vera. A questo proposito non avrei alcun problema a fare un pubblico mea culpa.
Ho sempre avuto grande ammirazione per questa realtà legata alla Messa e alla liturgia tradizionale nella quale credo, si realizzi pienamente la regola benedettina. Spero di tutto cuore di sbagliare ma se così non fosse ci troveremmo davanti al crollo di un vero e proprio mito, uno degli ultimi baluardi della difesa non solo dell'antica tradizione liturgica benedettina, ma anche della tradizione artigianale monastica.
Nella PRIMA PARTE di questo articolo, ho analizzato alcuni
aspetti legati alla comprensione della Messa in Latino tradizionale di S. Pio V
e ai frutti che l’introduzione delle lingue correnti ha portato all’interno del
panorama di fede dei cattolici post Vaticano II. In questa seconda parte
continuiamo questa analisi nella quale vorremmo comprende, se la Messa in
latino sia realmente un problema per la Chiesa come Papa Francesco vuole far
credere.
La liturgia che attira al bello e al vero
Vorrei analizzare ora altri "dati" che definirei
più "materiali".
Penso in particolare all'arte della celebrazione e alla
bellezza della Liturgia. La Messa tridentina si può dividere sostanzialmente in
"cantata" e "letta" quella cantata ha un'ulteriore variante
che è quella "solenne" con la presenza del diacono e del suddiacono,
quella che popolarmente viene detta la "Messa a tre preti". Se
prendiamo in esame la "Messa cantata" ci rendiamo conto che la Messa
tridentina non ammette alcuna licenza sul repertorio da cantare, mi spiego
meglio; nella Messa tridentina non è permesso cantare canzonette in italiano
con ritmi moderni. La Messa tridentina è indissolubilmente legata al canto
gregoriano o al canto polifonico, il che rende la Messa "diversa" da
altri atti umani. In altre parole la Messa è un atto sacro e si usa non solo
una lingua sacra (il latino) ma anche un canto sacro (il gregoriano o la
polifonia). La distinzione fra sacro e profano è molto evidente sia nei gesti
rituali del sacerdote, sia nel canto che accompagna questi gesti.
Nella Messa moderna al contrario si assiste spessissimo a
teatrini che sembrano la parodia della Messa stessa: canti moderni di stampo
sentimentalista e con ritmi che spaziano fra il rock il folk e il pop, balletti
senza alcun significato rituale (in occidente il ballo nasce come mezzo di
seduzione fra uomo e donna e non nell'ambito del culto come nelle culture
pagane). Questo fa sì che la liturgia viene a spogliarsi di quel carattere
mistico e soprannaturale che invece è ciò che deve attrarre, anche perché
privare di questo aspetto la liturgia a favore di un clima più terreno porta a
pensare (come del resto è dimostrato) che la Messa non sia rivolta a Dio ma
bensì all'intrattenimento del pubblico. L'altare si trasforma in un
palcoscenico, l'incenso si utilizza per creare atmosfera come se fosse un “fumogeno”
e ciò che appartiene a Dio viene appiattito, diventa “umano” nel senso di
“artificiale”, e di conseguenza privo di sacralità come tutte le cose umane. Se
la Messa si riduce ad "intrattenimento" è meglio rivolgersi a chi
l'intrattenimento lo fa per professione, il risultato è decisamente di qualità
superiore, più attraente e più gratificante!
Un prete che balla e canta facendo lo showman sull'altare,
attira l'attenzione su di sé e sulla stravaganza di ciò che fa apparire, ma tutto
si esaurisce lì, se continuerò a frequentare la Messa non sarà certo perché ho
fatto un'esperienza di mistica soprannaturalità, ma perché mi sono divertito a
vedere uno show magari esilarante, che continuerò a rivedere finché non mi
stufo, e quando mi stufo passerò ad altro...
Conoscenza della dottrina e dei misteri di fede
Altro studio molto interessante riportato dal sito
lanuovabq.it (che potete consultare qui)
ha evidenziato che chi partecipa alla Messa tridentina, non solo conosce meglio
la dottrina cattolica, ma è anche più fedele alla pratica religiosa. Lo studio
è stato curato da un sacerdote laureato all'Università del Texas; don Donald
Kloster, su un campione di 1.322 persone provenienti da 16 stati differenti. Le
domande vertevano sull'approvazione o meno della contraccezione, sul matrimonio
omosessuale, su aborto, sulla partecipazione alla Messa settimanale e il tasso
di fertilità. Uno dei dati più sorprendenti è relativo agli obblighi di fede
come la partecipazione alla Messa domenicale, che va dal 22% di chi frequenta
la Messa "nuova" fino al 99% di quelli che vanno alla Messa
"tradizionale". Gli stessi dati con leggere differenze si hanno anche
nell'accostamento alla confessione (98% Messa tradizionale contro il 25% della
nuova Messa).
Anche sugli altri aspetti le differenze sono
incredibili! Basti dire che appena il 2% di coloro che frequentano la
Messa tradizionale approva la contraccezione e il matrimonio tra persone dello
stesso sesso, e solamente l’1% l’aborto, oggettivamente, percentuali da
contagocce. Mentre fra coloro che partecipano alla Messa
"nuova" l’89% tollera la contraccezione, il 67% è favorevole
alle nozze gay e il 51% perfino all’aborto. Uno scenario, quest’ultimo, che
sarebbe eufemistico definire preoccupante, e che testimonia la necessità di
maggiore formazione e conoscenza tra i cattolici imbevuti, talvolta a loro
insaputa, di cultura dominante.
Se si considera il fatto che fra i cattolici legati alla
Messa tridentina la natalità è nettamente maggiore, ne deriva che in un
prossimo futuro coloro che potrebbero preferire la Messa tradizionale
potrebbero essere molti di più rispetto a quelli che parteciperebbero alla
Messa nuova.
Proviamo a trarre delle conclusioni
Volendo giungere ad una sintesi, alla luce delle riflessioni
e dei dati riportati, possiamo affermare senza ombra di dubbio, che la Messa in
latino tradizionale non è per nulla un problema per la Chiesa, anzi! Se la
Chiesa desidera riportare al centro della società il messaggio del vangelo, se
desidera rievangelizzare il mondo sembra che la liturgia tradizionale in latino
sia una strada privilegiata! Le persone di questo mondo hanno bisogno di
certezze dottrinali e morali, oltre che di una liturgia che sappia trasportare
verso il divino, lasciando a casa gli aspetti umani e dando nutrimento
all'anima. Del resto se ci guardiamo attorno ci rendiamo conto che molti uomini
e donne si sono rivolti a filosofie orientali che promettono un'esperienza più
interiore, più profonda e intensa. Tralasciando per il momento gli aspetti
critici di queste filosofie, questo fenomeno è chiaramente segno di un
desiderio di spiritualità e di trascendenza che la Chiesa possedeva e che ha
messo da parte per andare dietro a false convinzioni e dubbie ideologie umane.
La verità è che la Chiesa si fonda sull'insegnamento di un
Dio incarnato che ha detto: "io sono la via, la verità e la
vita" (Gv.14,6). Se vogliamo trovare la strada per la salvezza
eterna dobbiamo necessariamente ricercare questa verità assoluta, l'unica
capace di darci una vita piena di senso perché finalizzata alla vita eterna.
Questa verità è espressa in forma piena dalla liturgia tradizionale che ha
nutrito il mondo attraverso la bellezza dell'arte liturgica e di tutte le arti
che ad essa si sono ispirate o che da essa sono nate. Se è vero quello che
diceva Platone, che la bellezza è espressione del vero, dobbiamo tornare a
gustare quella bellezza liturgica che è fatta di armonia di forme, di colori,
di profumi e di gesti che la Liturgia tradizionale ci ha dato per secoli.
Questa operazione non è semplicemente un ritorno al passato, tutto il
contrario! È il fondamento del futuro dell'umanità e della civiltà cattolica,
per far esprimere ad essa il meglio di sé, ispirandosi a Dio e desiderandolo,
ricercandolo, amandolo per farlo amare.
La Messa in latino, o tridentina o tradizionale (chiamiamola
un po' come vogliamo) non è e non dovrebbe essere un problema per la Chiesa, la
soluzione alla crisi che la Chiesa di oggi sta attraversando passa anche
attraverso la liturgia tradizionale, quella della Chiesa è una crisi di
spiritualità che non può prescindere dal nutrimento che la Liturgia
tradizionale ha dato nel passato e che può continuare a dare ancora oggi.
Fateci caso, quando in Tv vedete una pubblicità di qualche prodotto come il
pane, i biscotti, o le marmellate ecc. cosa vi dicono? qual è lo slogan
ricorrente? "Fatto secondo la ricetta tradizionale". La tradizione è
garanzia di genuinità! Se questo vale per un Pandoro o per una composta di
frutta piuttosto che per un dolce da forno, perché non dovrebbe aver valore per
ciò che riguarda la fede? Per quale motivo i pastori della Chiesa devono
demonizzare i mezzi che la Chiesa stessa possiede per riportare questa
genuinità spirituale alle anime dei fedeli?
Cari Pastori della Chiesa, guardate oltre la siepe e
rendetevi conto che il modo migliore per essere rivoluzionari è tornare a
contrastare le logiche del mondo senza confondersi con esse, torniamo ad
utilizzare i mezzi tradizionali che hanno dimostrato e continuano a dimostrare
non solo la loro autenticità e la loro genuinità, ma anche la loro efficacia. È
vero che non siamo più abituati e questo ci spaventa, capisco anche che le
logiche del mondo appaiono più comode, ma se si sceglie Cristo bisogna pure mettersi
in gioco e accettare che non tutto giova al raggiungimento dei suoi scopi, e
magari la strada già percorsa nel passato può essere riaperta.
Cari amici, siate coraggiosi! Non accontentatevi delle cose
più semplici da raggiungere, sappiate ricercare quelle più raffinate così come
fa un cercatore di pepite d'oro, così come fa il cercatore di tartufi che non
si spaventa nel mettere le mani dentro la terra sporcandosele, perché solo
camminando in salita e sudando si arriva sulla vetta, solo mettendo le mani
nell'acqua gelida di un fiume si trovano le pepite d'oro più pregiate, solo
mettendo le mani nella terra si trovano i tartufi più profumati.
La fatica premia! Questo vale per le cose umane ma vale
ancora di più per le cose di Dio. La fatica iniziale che può spaventarci
davanti ad una liturgia apparentemente incomprensibile lascerà spazio al gaudio
di aver trovato un tesoro, una strada verso l'eternità!
In questo mio articolo, che dividerò in due parti, cercherò di
analizzare e di riflettere su alcuni dati per comprendere se realmente la S.
Messa in latino, di cui spesso si parla, sia realmente un problema per la
Chiesa di oggi. L’argomento, se trattato in maniera capillare richiederebbe
pagine e pagine di analisi, ma vorrei che questo mio scritto non fosse un
trattato di teologia solo per gli “addetti ai lavori”, ma che sia di facile
comprensione anche a quelle persone che non sono addentrate quotidianamente con
i problemi della Chiesa, ma che vogliono capire qualcosa in più del mondo
ecclesiale in cui tutti a diverso titolo, siamo inseriti.
Qualche giorno fa pubblicai un articolo in forma di “lettera
aperta” a Papa Francesco, rispondendo ad un’accusa piuttosto offensiva nei
confronti dei sacerdoti e dei fedeli tradizionalisti, contenuta nella sua
autobiografia da poco pubblicata, in cui apostrofava tali sacerdoti e fedeli
come “squilibrati”.
Appare chiaro perciò che a queste accuse non bisogna
rispondere solo con l’irruenza dell’emotività del momento, ma anche analizzando
la questione in maniera possibilmente onesta attingendo a dei dati
indipendenti.
Lo scopo come già detto è quello di capire se la S. Messa in
latino (detta anche tridentina o tradizionale) che Papa S. Pio V ha voluto
estendere a tutta la Chiesa nel 1570, sia davvero un problema per la Chiesa di
oggi così come Papa Francesco vuole far credere.
Senza perderci in inutili discorsi entriamo subito ad
analizzare la questione.
Messa “antica”, problemi “nuovi”
Nell'immaginario comune, la così detta "Messa in
Latino" è diventata l'emblema di una Chiesa del passato, di una Chiesa che
non era in grado di farsi capire perché usava una lingua ormai pressoché
sconosciuta alle masse, sembrava necessario che la Chiesa adottasse finalmente
le lingue nazionali per permettere ai fedeli di capire ciò che il prete
dicesse.
Negli ultimi tempi, soprattutto dopo il motu proprio di
Benedetto XVI "Summorum Pontificum", si è assistito ad un interesse
sempre maggiore verso la Messa Tridentina di S. Pio V, più volgarmente chiamata
Messa in latino.
Ma per comprendere meglio di ciò di cui parliamo è
necessario fare un passo indietro. Nel 1965 Papa Paolo VI, su impulso del
concilio Vaticano II, iniziò una revisione piuttosto profonda del “Messale
Romano” permettendo di celebrare la Messa con molte parti tradotte nelle varie
lingue nazionali. "Finalmente" qualcuno potrebbe esclamare!
Perché allora questo ritorno alla Messa tradizionale per
giunta in latino? Da cosa è stato favorito? Se tanto si è gioito con l'uscita
del nuovo messale come può esserci un ritorno al passato che si credeva ormai
lontano e superato?
Nostro Signore nei vangeli ci dice che "l'albero
si riconosce dai frutti" (Cfr. Lc.6,43-45), quindi per
comprendere la genuinità o meno di questa operazione voluta del concilio,
bisogna necessariamente valutare i frutti che da essa ne sono derivati. In
tutta onestà bisogna riconoscere che dopo il concilio sembra che la Chiesa abbia
imboccato una strada piuttosto accidentata e che i frutti che oggi si stanno
raccogliendo, in realtà non siano proprio quelli sperati. Lo stesso Paolo VI in
un’omelia pronunciata il 29 giugno 1972 disse:
«[Sembra che] da qualche fessura sia entrato
il fumo di Satana nel tempio di Dio. Non ci si fida più
della Chiesa, ci si fida del primo profano che viene a parlarci da qualche
giornale per rincorrerlo e chiedere a lui se ha la formula della vera vita. C’è
il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il
confronto. Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di
sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole,
di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza.»
Se l'aver introdotto delle innovazioni nella liturgia aveva
lo scopo di avvicinare i fedeli ad una comprensione maggiore e più profonda dei
misteri della fede, sembrerebbe che in realtà qualcosa sia andato storto.
L'aver reso più comprensibile la S. Messa attraverso le lingue nazionali non ha
portato i risultati sperati, di fatto la conoscenza della dottrina cattolica
nel popolo è di fatto molto bassa. Più avanti analizzeremo questo dato, ma per
ora concentriamoci sull'aspetto della comprensione della lingua liturgica.
Incomprensione della liturgia in latino, un falso mito!
Una delle convinzioni che fanno pensare che la "Messa
in latino" non vada bene, nasce dal fatto che si crede che la comprensione
delle parole sia il punto centrale che impedisce ai fedeli di avvicinarsi alla
comprensione dei misteri celebrati. Innegabilmente la comprensione di una
lingua è determinante in un dialogo fra due persone, e se questo vale per gli
uomini sembra evidente che valga anche se in questo dialogo l'interlocutore è
Dio. Ma se questo fosse vero si potrebbe dire che la Chiesa, e Dio attraverso
di essa, almeno in Europa sia stata incomprensibile agli uomini pressoché in
tutte le epoche, o quantomeno dal momento in cui il latino non era più
considerata una lingua “viva”. Ancora di più lo potremmo dire per tutti quei
popoli con lingue che non avevano origini latine, ma che nonostante questo
hanno ricevuto l'annuncio del Vangelo e si sono cibati del nutrimento
dottrinale che la Chiesa dava loro attraverso la liturgia.
Ma se il fulcro della questione è la lingua, come hanno
fatto questi popoli a credere e professare la loro fede? O in epoche più
recenti, come hanno fatto le nostre nonne a vivere la fede e la liturgia con
una Chiesa che parlava e faceva parlare a Dio con una lingua sconosciuta?
Sembra evidente che la trasmissione della fede non dipenda dalla lingua, e per
certi aspetti sembrerebbe che la lingua sia del tutto ininfluente nella
comprensione dei misteri celebrati.
Una riprova di questo aspetto, lo possiamo toccare
facilmente recandoci fuori di una qualsiasi chiesa in cui si sia appena
celebrata la Messa in italiano. Se facciamo una semplice domanda (alla quale
volutamente qui non daremo una risposta) ai fedeli in uscita dalla chiesa su
cosa sia la S. Messa, la maggior parte delle persone darà una risposta vaga e
soprattutto ogn'uno darà una risposta diversa da un altro. Qualcuno dirà che è
una preghiera comune, altri diranno che è una "festa", altri ancora
diranno che è il ricordo dell'ultima cena, qualcuno improvviserà a dare una
risposta qualunque, ma su tutti i volti noterete un enorme imbarazzo, perché
sostanzialmente nessuno saprebbe darvi una risposta semplice, univoca e
convinta di cosa sia la S. Messa. Eppure la Messa alla quale hanno appena
finito di partecipare è stata celebrata nella propria lingua natia, o comunque
in una lingua "familiare".
Qualche dato.
Ma parlare in questi termini potrebbe sembrare tendenzioso,
proviamo allora a leggere e commentare qualche dato sulla frequenza alla S. Messa
e ai sacramenti da quando fu introdotta la così detta "Messa in
italiano". Pressoché tutti gli istituti o organi di statistica, compreso
l'Istat evidenziano un calo drastico della pratica religiosa in Italia, non
solo nel periodo recente (ultimi 20 anni) ma anche nei periodi post '68.
Ricordiamo che il nuovo messale fu inizialmente e gradualmente introdotto dal
1965 fino alla versione del 1972, che fu a sua volta leggermente revisionata da
Papa Francesco nella versione italiana nel 2019. Considerando che il nostro
intento è di analizzare il cambiamento fra ciò che avveniva prima
dell'introduzione della Messa in italiano e ciò che è avvenuto dopo, ci
rendiamo conto di prendere in esame un periodo piuttosto lungo che va oltre i
60anni! Nel grafico in figura (qui la
fonte) vediamo la partecipazione dei cattolici (comparata alla partecipazione
dei protestanti che in questo momento non ci interessano) nel quale si evince
che dal 1955 al 2003, la frequenza alla messa almeno una volta alla settimana è
passata dal 74% del 1955 ad un 44% dell'anno 2000, per poi risalire leggermente
al 47% del 2003. Il grafico non analizza il periodo successivo che ha
registrato un costante declino continuo fino ai giorni nostri per giungere ad
un minimo storico nel periodo post-pandemico.
Dopo la pandemia il declino è ulteriormente aumentato, a
causa soprattutto di una fortissima delusione nei confronti della Chiesa dovuto
all'atteggiamento che essa stessa ha assunto, almeno in Italia, per il
contrasto ai contagi del covid, un atteggiamento che a detta di molti aveva un
approccio di tendenza più scientista piuttosto che di fede. I dati sembrano
confermarlo: la Chiesa Cattolica ha visto diminuire la frequenza media alla S.
Messa settimanale passando da una percentuale del 9,3% fino al 9,1%, questo
significa un totale di ben 2,1 milioni di presenze in meno[1]. Questi dati sono
tristemente confermati anche dal versamento dell'8x1000 alla Chiesa Cattolica
drasticamente crollato, e con una tendenza alla diminuzione sempre costante[2]!
Questi dati riportati sono pochi, ammettiamolo, ma
onestamente tutti gli studi statistici e i dati relativi al declino della
pratica religiosa a livello mondiale, sono tutti concordi fra loro, e
diciamocelo pure chiaramente, è anche molto sconfortante! Analizzare tutti i
dati sarebbe superfluo perché in buona sostanza sono pressoché tutti simili.
Basta navigare un po' in internet per farsi una idea abbastanza chiara.
Analizziamo ora i risultati di un altro studio, che al
contrario lascia piacevolmente e positivamente colpiti, ovvero i dati relativi
al gradimento nei confronti della liturgia tradizionale. Non parliamo qui
vagamente della "Messa in latino", ma della Messa tridentina
tradizionale, quella promulgata da S. Pio V con la Bolla "Quo Primum
Tempore", quella prima del concilio Vaticano II, quella dei nostri nonni per
intenderci, chi la conosce sa quanto sia diversa dalla Messa
"moderna".
I dati vengono da un'analisi dell'istituto DOXA, (qui il
commento di messailatino.it) quindi un organo del tutto indipendente e
affidabile. Da questi dati emerge come solo il 58% dei cattolici italiani ha
sentito parlare del motu proprio con cui Benedetto XVI ha
"liberalizzato" la Messa tradizionale. Il 71% dei cattolici (64% fra
quelli che partecipano almeno una volta al mese) troverebbe del tutto normale
che la Messa tradizionale fosse affiancata alla "Messa nuova", e se
consideriamo che gli indecisi si aggirano fra il 6-7%, rimane un 22-24% che
sarebbe del tutto contrario. Ma la cosa estremamente curiosa è che in questa
percentuale di contrari la maggioranza sarebbero donne al di sotto dei 55 anni
che notoriamente sono quelle "donne impegnate" nelle parrocchie che
hanno grande influenza nelle decisioni dei parroci.
L'ultima domanda è forse quella che desta la maggior
sorpresa, in effetti il 21% dei cattolici, cifra che sale al 40% fra coloro che
frequentano la Messa tutte le domeniche, dichiara che preferirebbero andare
tutte le settimane alla Messa di S. Pio V se la trovassero nella loro
parrocchia! Parlando in termini assoluti e dando delle cifre concrete, 9
milioni di Italiani andrebbero tutte le domeniche alla Messa in latino
piuttosto che alla Messa nuova. È un dato veramente incredibile! Ma non è
finita, perché se consideriamo quelli che frequentano almeno una volta al mese,
la cifra sale al 33% di tutti i cattolici, e al 63% di quelli che frequentano
almeno una volta al mese. Detto in altri termini 2 praticanti su 3
andrebbero alla messa tridentina almeno una volta al mese se
l'avessero nella propria parrocchia!
Questi dati non fanno altro che confermare quello che del
resto avviene anche nei riti orientali, ovvero che non è la lingua e la
comprensione delle parole che attira la gente a Messa, (nei riti orientali
infatti si usa di norma il greco antico, il cirillico o altre lingue non
moderne) ma è il desiderio di essere nutriti da una liturgia che abbia un
carattere verticale, che pone il fedele davanti al mistero da contemplare,
mistero che non si comprende con le parole ma con l'interiorità
dell'anima, al fedele interessa la celebrazione della bellezza, della
verità e come già detto dei misteri di Dio.
Non a caso ho citato i riti orientali, nelle nazioni e nelle
Chiese che utilizzano, ad esempio, i riti di S. Giovanni Crisostomo, la
frequenza è pressoché rimasta costante, nonostante la liturgia utilizzi delle
lingue antiche. Anche in queste realtà si è mostrato un declino nella
partecipazione, ma è dovuto ad un fenomeno generale di allontanamento dalla
fede, e comunque sempre molto meno marcato rispetto alla Chiesa Romana.
Nel panorama "tradizionalista" degli ultimi anni, sembra emergere prepotentemente la figura di don Alessandro Minutella, sacerdote siciliano piuttosto famoso, fondatore di un movimento sacerdotale chiamato "Sodalizio Sacerdotale Mariano", oltre che di una congregazione femminile, e creatore del canale YouTube "Radio Domina Nostra" molto attivo con numerose dirette quotidiane. Questo sacerdote è balzato spesso alle cronache televisive soprattutto per essere stato scomunicato e ridotto allo stato laicale a causa delle sue posizioni riguardo la presunta invalidità della rinuncia al pontificato di Benedetto XVI. Questo sacerdote e i suoi "fedeli" non riconoscono la validità dell'elezione di Papa Francesco e perciò (secondo loro) la sede sarebbe vacante ed impedita, occupata da un falso Papa.
Non intendo entrare nel merito di questa questione, in primis perché non è l'oggetto di questo articolo, ma anche perché è già stato dimostrato come questa tesi non ha alcun fondamento e può essere facilmente smontata.[1]
UN FALSO TRADIZIONALISTA
La cosa che mi preme mettere in luce in questo articolo è il fatto che questo sacerdote appare come un prete "tradizionalista", ma che in realtà lui e la tradizione cattolica sono distanti anni luce. Non intendo qui fare uno studio sistematico e capillare del suo pensiero, mi limito semplicemente ad analizzare alcuni elementi, soprattutto liturgici, che contraddicono quello che lui vuol far credere e confondono i suoi stessi "fedeli" che in buona fede pensano di trovarsi difronte un sacerdote fermamente legato alla tradizione.
Lui e il suo "piccolo resto" (così chiama i suoi seguaci) hanno adottato la liturgia tridentina di S. Pio V come forma celebrativa. La Messa tridentina in effetti è definita anche la "Messa di sempre", o anche la "Messa tradizionale", quindi fin qui tutto torna. Chi ha una conoscenza media della liturgia tradizionale non può non notare alcune cose che tutto hanno a che fare tranne che con la Messa di S. Pio V. Se osserviamo infatti il modo con cui lui e i suoi confratelli celebrano (si presume che le direttive liturgiche le dia lui), ci rendiamo conto che ci sono degli "strafalcioni" o meglio abusi liturgici, ed errori talmente grossi da far rabbrividire anche il più ignorante dei liturgisti o il meno capace dei cerimonieri.
Messe cantate?
Uno dei "mostri liturgici" di questi sacerdoti è senza dubbio quella che appare come la "Messa cantata". Credetemi gli abusi liturgici sono talmente tanti che non si finirebbe di elencarli tutti, ma ne riporto giusto qualcuno a titolo di esempio.
Le norme liturgiche e le regole riportate da tutti i manuali di liturgia stabiliscono che per la Messa in canto il sacerdote debba cantare con dei toni stabiliti, tutte quelle preghiere e i testi che spettano solo a lui, ad esempio le orazioni di Colletta e Postcommunio, l'Epistola, il Vangelo e altre parti. Altre invece spettano al coro, e vanno cantate da esso ed eventualmente con il popolo se ne è capace: l'Introito, il Gloria, il Graduale, l'Allelluia, il Credo, l'Offertorio, il Sanctus, l'Agnus Dei, e il Communio. Quelle parti che il coro canta, (ma non tutte) il sacerdote le recita sottovoce contemporaneamente al coro.
Nelle Messe "cantate" dei sacerdoti "minutelliani" se ne vedono letteralmente di tutti i colori! Le preghiere ai piedi dell'altare vengono recitate ad alta voce, quando invece dovrebbero essere recitate sottovoce dal sacerdote e dal chierichetto mentre il coro canta l'Introito, mentre capita spesso che i sacerdoti "cantano" loro in rettotono l'introito che spetterebbe al coro. Della serie "famo un po' come ce pare".
Una delle cose più bizzarre che mi è capitato di vedere è la Messa con il diacono. Chi conosce la liturgia tradizionale sa benissimo che non esiste la Messa con un solo diacono, ma la Messa solenne con diacono e suddiacono. Ebbene i "maestri" liturgisti del "piccolo resto" che fanno? Si sono inventati la Messa semisolenne con solo il diacono.
Ora, senza stare a fare troppi giri di parole, a me tutto questo fa pensare solo ad una cosa: i preti del "piccolo resto" celebrano la Messa tridentina con la mentalità e il "modus operandi" della nuova Messa. In pratica nella Messa tridentina (secondo il loro pensiero) si possono applicare senza alcun problema le norme previste per la Messa conciliare. Questo non è solo un abuso, ma fa trasparire in maniera chiara e lampante che la Messa tridentina a loro non interessa affatto! Tanto è vero che a detta di molti suoi seguaci ciò che più conta è che la Messa non sia celebrata "una cum" Papa Francesco.
E allora perché celebrare la Messa tridentina in Latino? Ha un carattere più sacro? E allora perché deturparla? Il motivo sembrerebbe risiedere nel fatto che Benedetto XVI amava in maniera particolare la "forma straordinaria" (così da lui definita) del rito romano e che nei suoi desideri e progetti c'era quello di fondere le due forme del rito romano (antico e nuovo) per fare quella che alcuni definiscono una "riforma della riforma" ovvero riportare elementi della Messa tridentina nella Messa post-conciliare, e contemporaneamente portare la Messa tridentina ad essere più vicina alla Messa del Vaticano II. Una sorta di sincretismo liturgico tipico del pensiero ratzingheriano e modernista.
Stando a questa logica appare chiaro che il modus operandi di don Minutella e dei suoi sacerdoti è perfettamente in sintonia con questo concetto di "riforma della riforma", con la differenza che lui non ha alcuna autorità per stabilire delle norme liturgiche universali, e che se vuole celebrare la Messa tridentina lo deve fare rispettandola e non violentandola. Se invece questo atteggiamento nasce da una maldestra improvvisazione o da una poca conoscenza della liturgia tradizionale, per certi aspetti sarebbe ancora più grave, in quanto sarebbe sufficiente studiare un qualsiasi manuale di liturgia per imparare quantomeno i movimenti.
Posizione durante l'Omelia
È noto come nelle chiese preconciliari sia presente un elemento caratteristico: il Pulpito. Questo elemento liturgico aveva e avrebbe ancora oggi, la funzione di ospitare il sacerdote durante la predicazione, e in certi casi di amplificarne la voce. Nelle chiese o negli oratori più piccoli spesso manca, e quindi per predicare il sacerdote si porta nei pressi della balaustra o rimane sull'altare scostandosi normalmente dal lato del Vangelo. Come ho appena detto il sacerdote si sposta verso un lato, perché? Il motivo è molto semplice: mai dare le spalle al tabernacolo o alla croce dell'altare!
Nelle loro celebrazioni i sacerdoti di don Minutella sistematicamente si piazzano davanti al tabernacolo dando le spalle a quest'ultimo e alla croce. Beh è chiaro che loro sono abituati alla Messa nuova dove il sacerdote è normalmente rivolto ai fedeli al centro dell'altare dando le spalle al tabernacolo. Mi sembra che tutto torna!
Un ultimo errore grossolano lo si intravede anche nella foto qui sopra, i paramenti sono viola, il che fa pensare che sia una Messa di Avvento o comunque penitenziale. Ebbene, possibile che don Minutella e i suoi confratelli non sappiano che nelle Messe di Avvento e di Quaresima oltre che nelle Messe funebri e in generale in tutte le Messe penitenziali non si adorna l'altare con i fiori?
Tutto questo fa emergere un disinteresse profondo per la liturgia! È evidente invece come i sacerdoti tradizionalisti veri, hanno una cura indiscutibile della liturgia!
Questo interesse per la liturgia tradizionale sembra avere uno scopo diverso, ossia distinguersi dalla massa e dare l'impressione di un ritorno a ciò che è più autentico, ma in realtà senza alcun reale radicamento interiore, è di fatto uno stratagemma per avere visibilità ma non altro.
Talare Si talare No
Sembra evidente che don Minutella e i suoi confratelli si travestono da tradizionalisti, ma in buona sostanza si comportano come i preti del post concilio.
Attenzione! Ho detto che si travestono da tradizionalisti vero?... manco tanto direi! Infatti guardando i loro video e alcune loro foto si nota come spesso non indossano la veste talare, ma un più comodo e moderno clergyman di conciliare e protestante memoria.
Ma uno dei segni distintivi di un prete cattolico prima ancora di tradizionalista non è proprio la talare con il collo romano? E allora che razza di tradizionalisti sono loro? È vero che don Minutella è stato ridotto allo stato laicale, e che in teoria (ma non in pratica) non potrebbe indossare la talare, ma allora perché alcuni di loro portano il clergyman? Qualcosa non quadra!
Ambizioni vescovili
Altro aspetto non secondario che si riallaccia all'abbigliamento, sono le così dette "insegne vescovili" ovvero quei segni esteriori che identificano un vescovo, un abate o più in generale un "ordinario". Queste insegna normalmente sono costituite dall'anello pastorale, la croce pettorale, lo zucchetto, la mitria e il bastone pastorale. Di norma quando un vescovo, un abate o un ordinario non svolgono funzioni liturgiche e si trovano in contesti informali, sono riconoscibili dall'anello e la croce pettorale.
È curioso notare come da diverso tempo, don Minutella abbia iniziato ad indossare nella sua quotidianità un anello che, guarda caso, assomiglia molto ad un anello vescovile, e ugualmente una specie di croce pettorale, che come si può notare infila nel taschino della camicia così come spesso usano fare i vescovi. Per onestà bisogna anche dire che ultimamente questa croce sembra che l'abbia messa da parte, infatti non si vede più. Forse qualcuno gli avrà fatto notare che si stava spindendo un po' troppo oltre.
È notorio come uno degli argomenti più ricorrenti nelle sue dissertazioni quotidiane sia legata ad un ipotetico "grande prelato" annunciato da diverse profezie, in cui si direbbe che la Chiesa finirebbe in una crisi senza precedenti, e che un grande prelato appunto giocherebbe un ruolo chiave per far uscire la Chiesa da questa enorme e disastrosa crisi. Le profezie che cita don Minutella sono diverse e di tempi diversi, ma tutte parlerebbero di un personaggio importante che risolleverebbe la Chiesa.
Anche se questo argomento lo toccherò meglio nel prossimo paragrafo, a tal proposito bisogna necessariamente dire che le profezie non appartengono al deposito della fede, e che non aggiungono nulla a ciò che è stato rivelato da Gesù Cristo e fissato nei vangeli e nel magistero della Chiesa. Questo significa che non possiamo dare un valore dogmatico a questi scritti. In altre parole, le profezie appartengono a quelle che la Chiesa definisce "rivelazioni private" e appartengono alle grazie gratis datae, ovvero a quei doni gratuiti di Dio al di fuori della potenza naturale ma anche al di fuori del merito soprannaturale della persona che le riceve[2].
Detto questo, si evince come don Minutella con il suo atteggiamento, sembrerebbe voler far credere che questo ipotetico "grande prelato" sia lui. Sembra ovvio che a nessun sacerdote gli passerebbe per la testa di indossare segni che lo possano far confondere con un personaggio di rilievo come un vescovo, in altri termini se don Minutella indossa un anello simil vescovile e una croce simil pettorale, evidentemente vuole lanciare il messaggio che lui è un personaggio importante e perché no il tanto atteso "grande prelato".
Del resto è abbastanza evidente questa sua presunzione nel fatto di ricevere nelle sue mani i voti delle "suorine" cosa che normalmente si rimette nelle mani del Vescovo o del superiore generale di una congregazione. Ma a lui chi avrebbe dato questa potestà? Stessa cosa per quanto riguarda le Cresime, che amministra senza che nessun vescovo gli abbia dato il mandato. Se è vero che in uno "stato di necessità" un sacerdote può conferire le cresime, è anche vero che lo "stato di necessità" previsto dal diritto canonico non significa che si può fare qualsiasi cosa ci passi per la testa.
Questo modo di agire tradisce delle intenzioni che tutto possono essere definite tranne che in linea con la tradizione cattolica.
POSIZIONI DOTTRINALI AMBIGUE
Se fin qui ho parlato di questioni meramente esteriori, bisogna dire necessariamente che il problema di don Minutella non è solo una questione di carattere liturgico/pratico o di abito indossato. Il pensiero di don Minutella si lega a tutta quella schiera di "conservatori" che appaiono legati ad un concetto di Chiesa tradizionale e che fanno molta presa sulla sensibilità di molti fedeli. Tanti infatti non essendo più abituati a vedere il loro parroco inginocchiato in chiesa con il rosario in mano, appena vedono un prete con la talare e la berretta che dice il rosario o che recita il suo breviario, vengono travolti da un turbine emotivo che gli fa esclamare "finalmente un prete come una volta"! Ma attenzione, perché l'inganno è dietro l'angolo! Non tutto ciò che brilla è oro, e l'abito non fa il monaco. Si dà il caso che queste pratiche appena descritte non sono prerogativa di un sacerdote tradizionalista, ma è ciò che si richiede ad ogni ministro di Dio! Non è la recita del Rosario o del breviario che da la garanzia dell'ortodossia della fede, anche se la tradizione della Chiesa insegna che il rosario preserva dall'eresia, questo non significa che chi lo recita anche assiduamente sia immune!
Presunta invalidità delle SS. Messe Celebrate "una cum"
Una degli errori dottrinali più evidenti di don Minutella è senza ombra di dubbio la dottrina riguardante l'invalidità della S. Messa nel caso in cui venga celebrata in unione con Papa Francesco, ma andiamo per punti.
1. Innanzitutto don Minutella parte da una concezione sbagliata dell'"una cum", ovvero che questa unione con il Papa sia di carattere intellettuale. L'unione che la teologia sacramentale intende non riguarda una unità nei confronti del pensiero teologico privato del Papa, ma una unione con ciò che il Papa è chiamato a rappresentare e difendere ovvero la fede di Pietro. Ora è evidente che questa unità prescinde da ciò che il Papa pensa nel suo intimo, anche perché nessuno lo può indagare a meno che Lui non lo manifesti, ma anche nel caso che il Papa manifesti un suo pensiero che possa essere in qualche modo sospetto di eresia, questo non significa che celebrando "una cum" Papa "X" si è in comunione con quel pensiero eretico.
2. Non trova alcun fondamento l'ipotesi secondo cui la S. Messa celebrata in unione con un Papa che non sia Papa o che sia riconosciuto come eretico, porti all'invalidità della Messa celebrata. Eventualmente potremmo dire che sia illecita, ma di certo rimarrebbe comunque valida.
La Chiesa infatti stabilisce che per la validità della S. Messa siano necessarie 3 condizioni:
MATERIA: il pane di frumento e vino d'uva.
FORMA: le parole della consacrazione stabilite dalla Chiesa correttamente pronunciate.
MINISTRO: il solo sacerdote validamente ordinato[3]
Non è richiesto altro per la validità, quindi perché insinuare nelle coscienze dei fedeli il dubbio in merito a questo argomento? Addirittura don Minutella si spinge oltre, affermando che chi consacra celebrando in comunione con l'eretico Papa Francesco, consacra in realtà il corpo di satana! Quest'ultima affermazione oltre ad essere surreale, non ha alcun fondamento teologico, ed è frutto di una speculazione a dir poco pazzesca e cervellotica, che mira a delegittimare qualsiasi celebrazione che non sia sua o di un suo adepto.
Si badi bene che qui non sto dicendo che sia lecito e giusto celebrare con gli eretici solo per il fatto che i Sacramenti sono validi, ma sto sottolineando un errore grossolano riguardante la teologia sacramentaria!
Anche su questo punto don Minutella si rivela del tutto lontano non solo dal pensiero tradizionale, ma anche da una riflessione intellettualmente onesta, sincera e ponderata.
Valore assoluto delle profezie e delle rivelazioni private.
Come anticipato qualche paragrafo più su, don Minutella fonda gran parte delle sue teorie su messaggi ricevuti attraverso locuzioni interiori ricevute personalmente (su cui la Chiesa si è pronunciata in modo negativo), e su rivelazioni private di mistici e messaggi dati dalla Madonna in apparizioni varie.
Come sappiamo la Chiesa è sempre molto prudente nel riconoscere la veridicità di un'apparizione e dei relativi messaggi, ma nonostante questo non impedisce e non obbliga i fedeli a credere a ciò che questi messaggi dicono. vengono appunto definiti "messaggi privati" che per loro natura non aggiungono nulla al deposito della fede ricevuto attraverso la predicazione degli apostoli e dei loro successori. Inoltre la Chiesa si tiene ben distante dal trarre da queste rivelazioni, conclusioni sul futuro della Chiesa stessa. In altre parole non possiamo dare un valore assoluto a queste rivelazioni private, possiamo trarre moniti, ma non certo stabilire che ciò che viene detto sia verità assoluta.
Lo stesso card. Ratzinger in un'intervista concessa a Vittorio Messori pubblicata poi in un libro dal titolo “Rapporto sulla fede” disse:
“Nessuna apparizione è indispensabile alla fede, la Rivelazione è terminata con Gesù Cristo. Egli stesso è la Rivelazione."
Ebbene, don Minutella al contrario da alle rivelazioni private lo stesso valore che si darebbe alle rivelazioni pubbliche della scrittura. E' noto infatti come la teoria del "grande prelato" che viene da varie rivelazioni private e di cui ho già parlato in qualche paragrafo precedente, sia uno dei temi più ricorrenti della sua predicazione.
Ma come se non bastasse, per dare ancora più credito alle sue teorie, non si fa il minimo problema a ricorrere alle sue presunte locuzioni interiori, nelle quali la Madonna e padre Pio gli darebbero messaggi e conferme.
Emblematico e grottesco è il famoso video nel quale si sente don Minutella che imita, in una ridicola pantomima, la voce di padre Pio e della Madonna che incoraggerebbero i fedeli a seguire questo sacerdote perché sarebbe l'unico rimasto a combattere contro la "falsa Chiesa".
Onestamente mi domando come sia possibile che molta gente si lasci abbindolare da un personaggio così ambiguo e controverso, la risposta a mio modesto parere risiede nella capacità di catalizzare il malcontento e il disagio spirituale che molti fedeli vivono a causa della crisi che sta attraversando la Chiesa in questo tempo, don Minutella ha saputo dare un nome a questo disagio: "Bergoglio" e una giustificazione a tutto questo caos: "invalidità della sua elezione". Anche se lui afferma il contrario, Minutella ritiene che i problemi nascano con Bergoglio perché "non è Papa", senza considerare che invece tutto nasce da molto lontano. Per dare valore a queste sue teorie ecco che tira in ballo le profezie della Salette, di Fatima e di altre apparizioni, alcune delle quali mai riconosciute dalla Chiesa come Garabandal, o peggio ancora quelle che lui dice di avere. Di fatto il nostro Minutella dà a queste rivelazioni private lo stesso valore che hanno le rivelazioni pubbliche della scrittura, con lo scopo di dare valore assoluto alle sue teorie.
Don Minutella e il Vaticano II
Don Minutella, contesta il Vaticano II, ma di fatto ne accetta i criteri, se non tutti quantomeno la maggior parte. Porto giusto un esempio che fa comprendere quest'ultimo concetto:
I criteri tradizionali per il riconoscimento della santità durante i processi di canonizzazione, sono profondamente mutati al punto che oggi un Papa come S. Pio V o S. Pio X con molta probabilità non verrebbero mai canonizzati, al contrario vengono canonizzati Papi come Giovanni Paolo II che non ebbe problemi a mettere Cristo Signore sullo stesso piano di Budda, Allah, o alle religioni animiste africane, portando di fatto il pontefice ad una manifesta apostasia.
Appare evidente che secondo i criteri postconciliari la difesa della fede non è così importante come la fratellanza dei popoli. questo concetto trova la sua massima espressione nel documento di Papa Francesco "Fratelli tutti" o nel documento di Abu Dhabi sulla fratellanza universale. Questi documenti non sono altro che il punto di arrivo di una "maratona" iniziata già prima del Vaticano II, che questo concilio ha portato alla ribalta fino al punto che Papa Francesco avesse la strada spianata. Ma i problemi non nascono con lui, Papa Francesco è solo l'ultimo di una serie di Papi che hanno portato avanti una certa visione di chiesa che lui stesso sposa in modo totale.
E' nota a tutti la santità di Padre Pio, ma se consideriamo che i criteri che lo hanno portato agli onori degli altari sono gli stessi che hanno portato agli stessi onori anche Paolo VI, appare evidente che qualcosa non va. Ecco spiegato il perché negli ambienti tradizionalisti si decide di avere prudenza nel riconoscimento dei nuovi santi, non perché non ci si fida della Chiesa ma perché i criteri sono ambigui, motivo per cui si preferisce sospendere il giudizio in attesa di tempi in cui ci siano criteri più chiari e meno ombre sulle indagini canoniche. Questo non significa affatto porsi come giudici al posto della Chiesa, ma usare prudenza.
Ebbene don Minutella questo atteggiamento prudenziale tipico della tradizione non lo applica affatto, dando per scontata la santità di tutti gli uomini e donne canonizzati con i nuovi criteri.
Amicizie ambigue
Come ultimo punto desidero sottolineare alcune frequentazioni ambigue e sospette di don Minutella, in particolare mi riferisco allo psichiatra Alessandro Meluzzi e il politico e critico d'arte Vittorio Sgarbi.
Partendo da quest'ultimo bisogna dire innanzitutto che, l'On Vittorio Sgarbi, pur dimostrando una spiccata cultura religiosa e molto profonda, si dichiara apertamente ateo. Ma nonostante questo è stato scelto da don Minutella per la presentazione di uno dei suoi libri. Questa scelta non si può non definire sconcertante! Un politico dalla discutibile moralità e famoso per avere un linguaggio molto colorito e a tratti decisamente scurrile. Quale contributo alla causa Minutelliana può dare un personaggio come lui se non quello di attirare pubblico? Non sembra esserci infatti alcun motivo apparente per scegliere un personaggio come Sgarbi se non quello di avere qualche astante in più. Oltretutto, e questo lo ritengo ancora più grave, durante il suo discorso di presentazione del libro, l'On. Sgarbi si è lasciato andare a delle espressioni irripetibili, alcune a sfondo sessuale e altre di carattere blasfemo, ma una delle cose più disgustose è vedere la reazione di ilarità di don Minutella davanti a queste riprovevoli espressioni. Non intendo proseguire su questo fatto perché ritengo che solo questo basti a descrivere chiaramente l'ambiguità, la doppiezza e l'opportunismo di don Minutella. Sembra abbastanza evidente come Sgarbi serviva solo per attirare pubblico e non altro.
L'altro amico di don Minutella è lo psichiatra Alessandro Meluzzi. Questo noto personaggio sembrerebbe essere stato ordinato sacerdote e vescovo ortodosso nel 2015, apparrebbe pertanto ad una chiesa che il cattolicesimo ritiene scismatica, e quindi non in comunione con la Chiesa cattolica. In un video del 19 Agosto 2023 don Minutella dichiara di avere grande stima e rispetto per Meluzzi, e gli concede uno spazio considerevole in una delle sue dirette online.
Pur rispettando la libertà di chiunque di intrattenere rapporti di amicizia con chi vuole, sembra piuttosto sorprendente che un sacerdote che si ritiene "tradizionalista" come don Minutella, permetta ad un vescovo non cattolico di intervenire nel suo canale YouTube. E' noto infatti come tutto il mondo tradizionalista sia contrario al dialogo ecumenico voluto dal concilio Vaticano II e lo contesti in maniera netta e marcata, nessun prete tradizionalista si sognerebbe mai di invitare in forma ufficiale, un esponente di un'altra confessione cristiana per intavolare un dialogo pubblico o per tenere una conferenza o una lezione. Don Minutella evidentemente quando si tratta di suoi amici, mette da parte i principi della tradizione per abbracciare quelli modernisti come appunto il dialogo ecumenico.
CONCLUSIONI
Per concludere questo accenno di analisi del pensiero di don Alessandro Minutella, sembra chiaro che di lui possiamo dire tutto e il contrario di tutto, ma non possiamo dire assolutamente che si possa definire un sacerdote "tradizionalista" nel senso più autentico del termine.
Questo dimostra solo una cosa piuttosto inquietante: don Alessandro Minutella non ha altra intenzione se non quella di ingannare quelle persone che cercano delle risposte alla confusione generale della Chiesa, ma purtroppo queste risposte facili che don Minutella dispensa oltre ad essere infondate e quindi false, sono anche profondamente superficiali e illusorie, danno un'apparente soddisfazione a coloro che purtroppo non hanno gli strumenti sufficienti per capire in realtà come stanno le cose.
Questo inganno, più o meno consapevole da parte di don Minutella è piuttosto evidente, soprattutto se pensiamo a tutti coloro che prima o poi sono entrati in contrasto con lui. Una caratteristica di tutti coloro che nella storia hanno subito persecuzioni è la mansuetudine, questo non significa che in profondità non ci sia una sorta di rabbia, ma quella che Minutella dimostra nei confronti di chi lo contraddice è a dir poco impressionante. Urla, insulti e livore dominano spesso parte dei suoi video, finendo poi per ridurre tutto ad un'opera di satana contro di lui, o definendo indemoniato chi lo contrasta. Questo atteggiamento è piuttosto marcato, ad esempio, nei confronti dei familiari delle sue "suorine" che spesso non vedono da mesi o anni le loro figlie, o nei confronti di coloro che uscendo dal "piccolo resto" hanno testimoniato contro di lui e la sua opera, o contro i giornalisti che chiedono spiegazione riguardo le sue opere.
Definire "tradizionalista" un sacerdote come don Minutella non solo è un'offesa alla tradizione, ma getta fango in faccia a tutti quei sacerdoti che celebrano la S. Messa tradizionale subendone le angherie della gerarchia. Inserire Minutella nella lista dei sacerdoti "martiri bianchi" della lotta contro il modernismo è uno schiaffo a Papi come S. Pio X e a vescovi come mons. Lefebvre. Invocare la presunta invalidità dell'elezione di Papa Francesco per usarla come strumento di anarchia è un gesto intellettualmente disonesto, che non considera il fatto che ogni problema all'interno della Chiesa sarà risolto dalla Chiesa stessa, perché la natura di questo organismo non è umana ma divina.
E' necessario che si inizi a fare chiarezza, per evitare che il nome della tradizione venga sporcato da personaggi ambigui e divisivi come don Minutella.
don Bastiano Del Grillo
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[1] Si rimanda in proposito al testo del libro "PAROLE CHIARE SULLA CHIESA" curato da don Daniele di Sorco fsspx.