Ad uno sguardo superficiale qualcuno potrebbe dire che nella Chiesa ci sono tanti problemi gravi ed importanti a cui dare attenzione, perché allora la preoccupazione di molti si volge alla salvaguardia e alla difesa della liturgia tradizionale e in particolare della "Messa in latino"? La risposta a questa domanda è semplice quanto complessa, a volte dimentichiamo che quando un edificio crolla non è a causa del collasso delle sue pareti, ma delle sue colonne portanti. Ebbene, la S. Messa è proprio la colonna portante della Chiesa! Ma perché ci teniamo a difendere proprio quella "Tradizionale in latino"? Anche a questa domanda la risposta è semplice e complessa nello stesso tempo: la risposta più immediata è perché è la Messa che la Chiesa ha celebrato fin dall'epoca apostolica e che è stata definita in forma irriformabile da Papa S. Pio V con la Costituzione Apostolica "Quo Primum Tempore" il 14 Luglio 1570.
S. Pio V in questo documento afferma: "[...] Decretiamo e dichiariamo che le presenti Lettere in nessun tempo potranno venir revocate o diminuite, ma sempre stabili e valide dovranno perseverare nel loro vigore."
E' evidente che il rito promulgato dal Papa deve essere la forma definitiva con la quale la Chiesa debba celebrare la S. Messa da li in perpetuo, inoltre a nessun suo successore è consentito promulgare un Messale che contenga una ritualità diversa da quella da lui stabilita.
Ma per quale ragione? Il motivo è presto detto; il modo di pregare esprime ciò in cui crediamo, e viceversa ciò in cui noi crediamo viene espresso dal modo in cui preghiamo. Se la fede non può cambiare ne deriva che nemmeno la liturgia, (che è il modo con cui la Chiesa prega pubblicamente) debba cambiare. Questo vale pressoché in tutte le confessioni cristiane che hanno mantenuto le forme rituali antiche, come ad esempio il mondo ortodosso. Se cambia la Liturgia è perché è cambiata la Fede! Dato che la Fede non può mutare nel tempo, nemmeno la Liturgia può cambiare. Ovviamente qui non stiamo parlando di piccole variazioni o aggiornamenti del calendario (come ad esempio l'inserimento di nuovi santi), ma di veri e propri mutamenti sostanziali del rito. In termini "teologici" si parla di Lex Credendi (legge della fede) e Lex Orandi (legge della preghiera), se cambia la legge della preghiera è perché è cambiata la fede, e viceversa.
La riforma del Concilio Vaticano II
L'operazione di riforma liturgica avvenuta dopo il Concilio Vaticano II, sembra non tenere in considerazione questo documento di Papa S. Pio V, difatti all'indomani della chiusura del Concilio si iniziò gradualmente a gettare alle ortiche tutta la Liturgia bimillenaria della Chiesa. In apparenza tutto sembrava come prima, molti infatti credevano che l'unica cosa che fosse cambiata era la lingua (dal latino alle lingue nazionali) e la posizione del sacerdote (prima rivolto verso il crocifisso e poi verso il popolo) ma in realtà la riforma fu molto più radicale e profonda, e in effetti il nuovo messale promulgato da Paolo VI non riporta più al suo interno i documenti di S. Pio V, dichiarando ormai il "vecchio" messale come un "vecchio pensionato".
Se è vero quanto detto prima riguardo alla legge della preghiera e la legge della fede c'è da concludere che il Concilio ha cambiato la fede e di conseguenza ha voluto cambiare la liturgia.
Una parte della Chiesa ha da subito sollevato il problema, affermando che la così detta "nuova Messa" non esprimeva più l'integralità della fede cattolica, ma si avvicinava in maniera impressionante al concetto protestante di "cena" a discapito del concetto cattolico di "sacrificio". In merito a questo i cardinali Bacci e Ottaviani, scrissero un documento (che potete leggere qui) che sottoposero all'attenzione di Paolo VI dal titolo "Breve esame critico del novus ordo Missae" nel quale denunciavano tutte le storture della "nuova Messa" e la deriva protestante della "nuova liturgia". In molti fecero anche notare e sottolinearono che la "Messa in Latino" non solo non era stata abrogata, ma che di fatto non poteva essere abrogata in virtù del documento di S. Pio V, ma non solo, Papa S. Pio V infatti nella Costituzione Apostolica "Quo Primum Tempore" ha concesso un Indulto Perpetuo a tutti i sacerdoti in modo tale che chiunque, senza timore di incorrere in alcuna sanzione, potesse continuare a celebrare con il Messale da lui voluto. Le parole utilizzate da S. Pio V sono le seguenti:
"Noi concediamo, a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l'Indulto perpetuo di poter seguire, in modo generale, in qualunque Chiesa, senza scrupolo veruno di coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo stesso Messale, di cui dunque avranno la piena facoltà di servirsi liberamente e lecitamente: così che Prelati, Amministratori, Canonici, Cappellani e tutti gli altri Sacerdoti secolari, qualunque sia il loro grado, o i Regolari, a qualunque Ordine appartengano, non siano tenuti a celebrare la Messa in maniera differente da quella che Noi abbiamo prescritta, né, d'altra parte, possano venir costretti e spinti da alcuno a cambiare questo Messale."
Sembra chiarissimo quindi che quello che avviene nelle cappelle e nelle chiese dove si celebra la S. Messa di sempre, non solo è pienamente legittimo, ma è in piena sintonia con ciò che la Chiesa Cattolica ha voluto nel passato e vuole che si continui a fare nel presente e nel futuro!
Celebrare la "Messa in latino" oggi, non significa affatto disobbedire alla Chiesa o andare contro la volontà del Vescovo o del Papa, e non significa in alcun modo andare contro le regole, anzi! Alla luce del documento su citato si potrebbe affermare il contrario! So che sembra una cosa assurda ma è quello che emerge da un analisi attenta della Costituzione "Quo Primum Tempore".
Il ruolo profetico di mons. Marcel Lefebvre.
Questa analisi di cui abbiamo accennato, oltretutto, come già dimostrato, non è per nulla nuova, oltre ai cardinali Bacci e Ottaviani, ci furono altri e importanti esponenti ecclesiastici che presero delle posizioni contrarie alla promulgazione della "nuova Messa". Fra questi spiccarono mons. De Castro Mayer e in particolare tutti ricordano o quantomeno hanno sentito parlare dell'Arcivescovo mons. Marcel Lefebvre fondatore della Fraternità San Pio X. Questo grandioso personaggio che molti volevano far passare come impazzito, ricoprì ruoli importantissimi sotto i pontificati di Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI. Oltre ad essere arcivescovo di Dakar e superiore generale della congregazione dei Padri dello Spirito Santo, ricoprì il ruolo di delegato pontificio per l'Africa francofona (oggi diremmo Nunzio Apostolico), ruoli che lasciano trasparire una profondissima stima e fiducia dei pontefici nei confronti di questo vescovo francese.
Mons. Lefebvre si rifiutò di applicare nella congregazione di cui allora era superiore generale, le innovazioni, soprattutto di carattere liturgico volute dal concilio. Si appellò all'indulto perpetuo di S. Pio V e continuò a celebrare la liturgia con il "vecchio" Messale, fondò e ricevette il riconoscimento canonico della Fraternità Sacerdotale S. Pio X da parte del vescovo di Friburgo e avviò delle trattative con le autorità romane per poter consacrare dei vescovi per assicurare il futuro della Fraternità e della tradizione. Le autorità romane fra cui il card. Joseph Ratzinger futuro Benedetto XVI, presero tempo, e rimandavano ogni volta l'autorizzazione a procedere alle consacrazioni. Roma infatti oltre ad essere contraria all'opera di monsignore, era al corrente delle condizioni di salute dell'arcivescovo e aspettava che la sua dipartita potesse porre fine alla questione in maniera "naturale". Ma così non fu, e il 30 giugno 1988 l'arcivescovo procedette alla consacrazione episcopale di quattro vescovi senza l'autorizzazione del Papa. Questa operazione che ebbe enorme risonanza mediatica fu definita da molti come un "operazione sopravvivenza" della Chiesa Cattolica da parte di un vescovo coraggioso che non temeva di andare contro il volere degli uomini per salvare la fede e la tradizione della Chiesa[1].
Oggi possiamo dire che se la S. Messa di sempre è ancora celebrata è grazie a quest'opera di sopravvivenza che mons. Lefebvre ha messo in atto.
Mons. Lefebvre aveva compreso e aveva profetizzato i pericoli che derivavano dagli errori conciliari, e di cui la nuova liturgia era espressione perfetta. Aveva chiaro nella sua mente, che se non si fosse agito in questo modo apparentemente scismatico, la Chiesa cattolica sarebbe sprofondata in una crisi spirituale, teologica, dottrinale e morale che non avrebbe avuto precedenti nella storia. Come potergli dare torto?
La Crisi attuale della Chiesa
Non possiamo che essere concordi quindi, che la profonda crisi spirituale, teologica e morale che sta attraversando la Chiesa di oggi non è altro che il risultato di un processo di decadimento che parte dall'aver incrinato pericolosamente la colonna portante della Chiesa, ovvero la S. Messa! Del resto basta guardarsi intorno per rendersene facilmente conto: seminari sempre più vuoti, conventi e monasteri che chiudono e diventano hotel, sale convegni, musei o cumuli di pietre, persone sempre più lontane dalla pratica religiosa e che non esitano a ricercare un contatto soprannaturale in discipline orientali che affondano la loro origine nello spiritismo o peggio nel satanismo. Oggi molti cristiani si definiscono "non praticanti" e di fatto dimostrano un ateismo pratico che sfocia nello sposare o quantomeno a giustificare pratiche contro la fede come ad esempio l'aborto, la convivenza o l'eutanasia.
Tutto questo è il frutto di un lungo processo di riforma della Chiesa concepito molto prima del concilio e che il concilio ha portato alla sua attuazione, un processo di riforma che pensa di poter aprire le porte al mondo ma che non si rende conto che viene sopraffatta dal pensiero mondano, liberale e ateo.
La cosa curiosa è che lo stesso Paolo VI poco tempo dopo la chiusura del Concilio e precisamente in un omelia del 29 giugno 1972 ebbe ad affermare:
«[Sembra che] da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio. Non ci si fida più della Chiesa, ci si fida del primo profano che viene a parlarci da qualche giornale per rincorrerlo e chiedere a lui se ha la formula della vera vita. C’è il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il confronto. Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza.»
Appare piuttosto evidente che la crisi della Chiesa è un fenomeno esploso in maniera ancora più devastante come conseguenza di quelle riforme che invece avrebbero dovuto arginare il fenomeno. In sostanza potremmo dire che se la Chiesa voleva risolvere dei problemi ha attuato un piano che non solo ha non ha risolto le difficoltà ma le ha accentuate, e sembra altrettanto evidente che quella riforma della liturgia operata dopo il concilio e in attuazione di esso in realtà ha avuto come conseguenza quella di far perdere la bussola a tanti fedeli, che non riconoscevano più il ruolo di Chiesa che si era prostrata al mondo.
Se questo fenomeno è stato poco evidente in Italia e in Spagna, di certo non lo si può dire per la Francia, la Germania e in generale per gran parte dell'Europa del nord. In Francia ad esempio, si è assistito ad un calo impressionante della presenza dei fedeli alla Messa domenicale ed un crollo vertiginoso delle vocazioni sacerdotali e religiose che ancora oggi è tristemente visibile. Se si gira per i paesi della Francia si nota come parrocchie anche di grandi dimensioni dal punto di vista anagrafico, spesso vedono il sacerdote al massimo una o due volte l'anno. Un sacerdote in Francia può arrivare ad avere sulle sue spalle anche 60 o 70 parrocchie! A fare da "contro altare" però ci sono le congregazioni così dette "tradizionaliste" che continuano ad avere presenze di fedeli con numeri sempre molto alti, ma attenzione, non stiamo parliamo di vecchi nostalgici, ma di intere famiglie giovani, ragazzi spesso poco più che ventenni, che non trovano nella "nuova Messa" quel nutrimento spirituale che ci si aspetta, e che quindi ritornano a una fonte sicura di genuinità che viene dalla tradizione bimillenaria della Chiesa che si tocca con mano nella liturgia tradizionale tridentina in latino.
Alla luce di tutto questo appare ancora più evidente che mons. Marcel Lefebvre aveva visto lontano. Era riuscito a vedere quello che quasi la totalità dell'episcopato mondiale non aveva visto, e purtroppo con rammarico, dobbiamo dire che ancora oggi molti non vedono.
La Messa "in latino" ha senso oggi?
Da ciò che abbiamo appena detto appare piuttosto ovvio che prendere la difesa di questo modo di celebrare, non significa tornare indietro, anzi! significa dare futuro alla Chiesa. La S. Messa ha un valore infinito, immutabile ed eterno perché colui che l'ha istituita (Gesù Cristo) è infinito, immutabile ed eterno. La Messa tradizionale sottolinea in maniera chiara questa infinità, questa immutabilità e questa eternità. S. Pio V infatti non redì un Messale "ex novo" ma non fece altro che rendere obbligatorio per tutta la Chiesa quel modo di celebrare che apparteneva alla Chiesa di Roma dei primi secoli, ecco anche spiegato perché lo si chiama "Messale Romano". S. Pio V, e tutto il collegio episcopale erano concordi nel riconoscere l'antichità di origine apostolica di questo Messale e decretarono che da quel momento in poi fosse l'unico modo di celebrare la S. Messa, in quanto esprimeva fedelmente, autenticamente e integralmente e la fede cattolica.
L'attualità di questo Messale non è data dalla moda come qualcuno potrebbe pensare, ma dalla sua eternità, che è riflesso della sua autenticità, ecco perché S. Pio V volle fugare ogni eventuale tentativo di futura riforma radicale, cosa che purtroppo è accaduto nel Concilio Vaticano II. Questa operazione di riforma è illegittima, e non bisogna avere paura a dirlo!
Per toccare con mano l'autenticità, la profondità e l'attualità di questo modo di celebrare sarebbe sufficiente entrare in una delle chiese in cui questa Messa viene celebrata; un po' dappertutto ci si accorge che l'età media dei suoi partecipanti è piuttosto bassa, e soprattutto c'è raccoglimento, silenzio, contemplazione di Dio. In buona sostanza c'è quello che si richiede per avere un contatto vero con il proprio Creatore e Signore. Può essere considerato nocivo tutto questo? direi che il mondo di oggi ha proprio bisogno di questo! Ha bisogno di recuperare la sua dimensione spirituale e soprannaturale, e se la Chiesa di oggi non si preoccupa di questo fallisce nella sua missione evangelizzatrice, altrimenti come si spiega quella ricerca di divino che molte persone trovano erroneamente nelle filosofie orientali? Chi aderisce a queste filosofie lo fa in gran parte perché non trova questa dimensione nella religione cattolica, e questo non perché il cattolicesimo non ce l'abbia, ma al contrario, perché ha smesso di viverla e tramandarla.
Ebbene la liturgia Tridentina spinge l'uomo a elevare la sua anima non attraverso l'intrattenimento (a teatro o in un auditorium trovo musica e spettacoli di qualità), ma attraverso il contatto con Dio, che non avviene per mezzo di battimani, balletti, schitarrate o canzoni profane. A volte sembra che il clero insegua questi metodi con la speranza di avvicinare qualche fedele in più, ma forse non ha compreso che non è questo che avvicina a Dio ma tutt'altro. Un prete o una suora che ballano sull'altare o che cantano canzoni pop sono ridicoli, facciamolo semmai nel salone parrocchiale e lasciamo fare l'intrattenimento a chi è del mestiere. Se poi a questo aggiungiamo anche delle prediche vuote di dottrina e piene solamente di discorsi sociali e politici, o il catechismo in cui si colora e si gioca, beh! la frittata è fatta, e non meravigliamoci se poi la gente diventa buddista se non addirittura atea!
Ma io non capisco niente!
Naturalmente per chi oggi è abituato alla messa moderna, entrare in una chiesa dove si celebra la Messa tradizionale è spiazzante! Molte parti nella nuova messa sono state eliminate ed altre sono state aggiunte, e quindi molti "perdono il filo", è tutto molto comprensibile! I lunghi momenti in cui il sacerdote recita le preghiere in latino e sottovoce lasciano spaesati, mi meraviglierei se non fosse così. Alla Messa tradizionale bisogna lasciarsi trasportare dal silenzio, bisogna lasciare che sia Dio ad entrare nell'anima attraverso la mediazione del sacerdote che sta offrendo il sacrificio della Croce, per applicare alle nostre anime il frutto di quella sofferenza, dobbiamo spogliarci di quella smania moderna secondo la quale bisogna necessariamente fare o dire qualcosa per poter partecipare. Ricordo ancora qualche anno fa le parole di un ragazzo appena ventenne che assistendo per la prima volta ad una Messa tradizionale disse "mi sono sentito coinvolto", cavolo! dissi fra me e me! Ecco la vera partecipazione attiva di cui parla il concilio! Non consiste in una partecipazione esterna al rito, ma bensì ad una partecipazione dell'anima che viene coinvolta nel profondo.
L'ultima considerazione va fatta necessariamente al "latino", molti infatti contestano che la "Messa in latino" non si capisce, e che per questo la Messa in italiano è meglio. Se per certi versi si potrebbe anche comprendere questa obiezione, dall'altra bisogna necessariamente sottolineare che non è la "lingua" il problema. I misteri della Fede non hanno bisogno del linguaggio umano per essere compresi, ma della disposizione dell'anima, come si spiegherebbe allora che per secoli la Chiesa ha celebrato in latino e che il popolo era pressoché analfabeta? Eppure tutti sono concordi nel dire che i nostri nonni avevano una conoscenza dei misteri della Fede di gran lunga migliore della nostra. Pare evidente che non è la lingua liturgica che permette di capire la nostra fede, anzi il contrario! La lingua latina ci rammenta che sull'altare avviene qualcosa che non appartiene all'ordine mondano, ma a qualcosa di soprannaturale, che per essere compreso necessita di un apertura del cuore. Una riprova di questo la si può avere all'uscita delle Messe moderne, se chiediamo ai fedeli di spiegarci cosa avviene sull'altare, o cosa sia la S. Messa sentiremo delle risposte al limite del bizzarro se non addirittura al limite dell'eresia! Eppure la Messa è in italiano! Semmai qui il problema è da ricercarsi nella qualità della predicazione, ma questo è un altro discorso.
C'è da aggiungere che il latino non essendo più una lingua parlata correntemente (in altri termini una lingua morta) è una lingua che non muta nei suoi significati, che lascia inalterato il senso delle espressioni. Oltretutto, e questo lo ritengo importantissimo, il latino permette di avere la stessa identica Messa in ogni parte del mondo, in Italia così come in Guatemala, a Parigi così come a New York. Il latino da questo punto di vista esprime veramente la cattolicità nel vero senso della parola, intesa appunto come "universale". Quante volte vi sarà capitato di trovarvi in un santuario internazionale come Lourdes o Fatima e siete impazziti per trovare una messa in italiano, e probabilmente non l'avete nemmeno trovata? La Messa tradizionale può essere a buon titolo definita universale e internazionale, difronte la quale ogni cattolico è fratello anche se non parla la mia lingua e proviene da un paese che nemmeno so dove sia nel mondo!
Conclusioni
In ogni epoca Dio ha ispirato opere che servissero alla chiesa per uno scopo particolare. Basti pensare che nel 1218 S. Pietro Nolasco fondò un ordine religioso con lo scopo di liberare i prigionieri cristiani fatti schiavi dei musulmani o dei pagani. Un opera che per il tempo fu molto preziosa, fruttuosa e apprezzata. Tutte le opere di Chiesa infatti, nascono per uno scopo o per un esigenza particolare, e spesso sono in stretta correlazione con gli eventi del mondo in cui la Chiesa è chiamata a svolgere la sua missione. Se oggi in occidente non abbiamo più il pericolo di finire schiavi in mano dei musulmani o dei pagani, certamente ci sono altre esigenze alle quali la Chiesa deve rispondere. A volte queste esigenze sono di carattere materiale, a volte di carattere spirituale e spesso sono sia di carattere materiale che spirituale. Ebbene fra le tante emergenze della Chiesa odierna c'è senza dubbio quella di recuperare la sua dimensione di Maestra Spirituale.
La missione che oggi ci viene richiesta è quella di ripartire dallo spirito tradizionale della Chiesa, per ricostruire quel tessuto spirituale che rischiamo di perdere. Sulla fortezza dell'anima potremmo costruire uomini forti capaci di desiderare la volontà di Dio e di perseguirla con fermezza, audacia e perseveranza.
Non possiamo pensare che nella Chiesa si debba rivolgere solo ai poveri e ai migranti. La Chiesa non è una Ong e nemmeno un centro sociale di natura filantropica, ma è una istituzione di natura divina che ha come fine quello di portare i suoi figlia a conoscere, amare e servire Dio, per poterlo poi godere per l'eternità in Paradiso. Se non conosciamo Dio non lo possiamo amare, e se non lo amiamo anche la nostra carità verso il prossimo diventa monca, difettosa al punto di rischiare di farci adorare le creature al posto del Creatore.
Ecco allora l'importanza della nostra opera! Ripartiamo da Dio e da quella liturgia tradizionale e autentica che il Buon Dio ci ha dato per mezzo dei papi come S. Pio V. Riempiamoci di Dio alla fonte della sua Grazia per poter essere veri testimoni nel mondo in cui viviamo. Ciò che ha nutrito le anime di S. Gabriele dell'Addolorata, di Padre Pio, di S. Giovanni Bosco, di S. Maria Goretti ecc. può continuare a nutrire ancora oggi le nostre anime al punto da farci desiderare Dio e arrivare alle vette della santità.
don Bastiano Del Grillo
_________________________
Note:
[1] La storia è ampiamente descritta da mons. Tissier De Mallerais nella biografia di Mons. Lefebvr edito dalle Edizioni Piane
Nessun commento:
Posta un commento
Si prega scrivere in italiano corretto e di avere un linguaggio educato e rispettoso. I commenti contenenti insulti o volgarità non saranno pubblicati.