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domenica 11 maggio 2025

Chiesa Cattolica in uscita? Si ma per cessata attività!

Anche se la narrazione generale vuole far credere che la Chiesa Cattolica soprattutto con Francesco, sia in una fase di rinnovamento e di "apertura" in realtà da diversi decenni si assiste ad un processo molto lento ma costante che se meglio analizzato fa pensare ad una Chiesa che è in fase di liquidazione. Per comprendere questo bisogna essere degli osservatori piuttosto arguti e soprattutto saper confrontare ciò che si osserva alla luce di ciò che è avvenuto nel passato per comprendere che la strada imboccata dalla Chiesa è una via piuttosto accidentata e pericolosa che sta portando ad una lenta dissoluzione della Chiesa stessa. Questo processo però ha degli elementi previsti e prevedibili soprattutto da parte di coloro che intenzionalmente, sfruttando spesso l'ignoranza della storia che caratterizza molti fedeli e aimè gran parte del clero, mirano a smantellare a piccoli colpi la struttura di governo della Chiesa. La massoneria in questo ha un ruolo cruciale, perché è noto a molti come questa organizzazione segreta abbia una concezione politica societaria e religiosa molto diversa dalla concezione che ne ha la Chiesa. La gravità consiste nel fatto che, soprattutto nel clero, questo non è compreso, e spesso si fatica a comprendere perché massoneria e Chiesa Cattolica siano due realtà antitetiche e con pensieri apparentemente simili ma profondamente in contrasto fra loro. Questa premessa è necessaria per comprendere che molti mali attuali della Chiesa nascono appunto dal pensiero massonico infiltrato in essa. Questo articolo, pur non volendo analizzare il fenomeno della massoneria, non può non tenere conto di questa influenza.


L'accorpamento delle diocesi. Cosa insegna la storia?


Il fenomeno dell'accorpamento delle diocesi sembra ormai non destare nessuna sorpresa, viene considerata una prassi ormai consolidata capace di portare numerosi vantaggi. Questo fenomeno però non dev'essere sottovalutato, perché tutto ciò che riguarda il governo della Chiesa ha uno scopo soprannaturale che è quello della salvezza delle anime, e non meramente pratico, politico, o economico. Certo, anche nella Chiesa spesso si parla di "spendig review", ma questo in realtà è un falso problema, l'accorpamento delle diocesi infatti non porta vantaggi economici se non di carattere alquanto marginale.


Per comprendere la pericolosità di questo processo di accorpamento è sufficiente osservare il modo come la Chiesa si sia diffusa nel mondo; i missionari portavano il primo annuncio del vangelo, si formavano piccole comunità che pian piano si ampliavano, si venivano così a creare le così dette "missioni" dalle quali poi scaturivano altre comunità che si moltiplicavano via via come piccole cellule. Roma inviava in questi luoghi dei "delegati pontifici", che successivamente verranno chiamati "nunzi apostolici". Questi delegati del papa avevano il compito di organizzare e curare l'apostolato in un luogo circoscritto o anche in un intero continente. Il delegato pontificio quindi diventava una sorta di "super vescovo" spesso a capo di territori molto ampi, il suo compito era quello di permettere non solo la diffusione del vangelo, ma anche di organizzare l'apostolato sul territorio, creando dapprima delle diocesi molto vaste, e man mano che scaturivano vocazioni distribuirle in nuove parrocchie appositamente erette per poter capillarizzare il più possibile l'apostolato. Quando ormai le parrocchie iniziavano ad essere tante, il territorio di queste macro diocesi veniva suddiviso in altrettante diocesi più piccole, nominando nuovi vescovi allo scopo di settorializzare il governo e permettere agli stessi di poter governare e assistere meglio le anime.


L'interesse dei pastori, anche se non l'unico, era quello di poter conoscere meglio il territorio e i suoi abitanti, essere pastore di una piccola porzione del gregge per poterlo seguire, ascoltarlo e servirlo più da vicino.


E' chiarissimo quindi l'importanza della creazione di nuove diocesi più piccole con parrocchie al suo interno capaci di garantire l'assistenza spirituale anche delle comunità più sperdute.

Questo processo ha portato la Chiesa cattolica ad essere presente in maniera capillare su tutto il territorio europeo e in tutte quelle realtà extraeuropee dove si è diffuso il cristianesimo. In Italia ad esempio ogni piccolo comune ha almeno una parrocchia, e spesso anche le frazioni più piccole avevano esse stesse una parrocchia o una piccola cappella. l'enorme presenza di edifici sacri che abbiamo in Italia non fa altro che mostrare la capillare presenza della Chiesa nella vita del popolo cristiano.


Già agli inizi del '900 si era iniziato a discutere della riorganizzazione territoriale delle diocesi italiane, ma dalla fine degli anni '70, e poi più massicciamente negli anni '80 del secolo scorso, si è assistiti ad un fenomeno sempre più frequente, quello della riduzione delle diocesi tramite l'unificazione di diocesi vicine, ricorrendo spesso ad una vera e propria soppressione o ad un peggiore smembramento di diocesi più piccole. Uno dei criteri utilizzati era di far corrispondere le diocesi con le regioni o le province in cui si trovavano. C'è da dire che in molti casi era necessario, in quanto molte diocesi erano state erette per semplici privilegi e a volte contavano al loro interno un numero ridicolo di parrocchie. Giusto per portare qualche esempio, la diocesi di Guardialfiera in Molise contava nel suo territorio otto comuni[1], mentre la diocesi suburbicaria di Ostia, che pur avendo una storia e un ordinamento particolare, contava due parrocchie, e addirittura nel 1948 solo una, che corrispondeva alla chiesa cattedrale[2]. Altri esempi potrebbero essere tutte quelle micro diocesi che corrispondevano spesso ad un singolo comune e che avevano la sede vescovile solo per privilegio o per ragioni storiche spesso fantasiose. Un altro caso piuttosto curioso è quello della diocesi di Cassino, che corrispondeva non solo al territorio dell'abbazia, ma anche a tante parrocchie sparse per il centro Italia che però, pur essendo territorialmente in un'altra diocesi, giuridicamente dipendevano dall'abate di Monte Cassino. Ovviamente in questi casi era inevitabile una riorganizzazione ragionevole che prevedesse una soppressione di quelle micro diocesi obiettivamente inutili e un riassetto del governo che potesse veramente essere utile per un buon apostolato.


Bisogna aggiungere che in molti casi le diocesi si erano moltiplicate anche in virtù del fatto che gli spostamenti e i collegamenti del passato erano spesso difficoltosi, e non permettevano ai vescovi di raggiungere agilmente molti luoghi a loro soggetti, ma con l'avvento dei mezzi di trasporto e la costruzione di infrastrutture moderne sono venuti meno quegli impedimenti di carattere strutturale che rendevano complicato lo svolgimento del ministero episcopale.


La situazione oggi


Alla luce di quanto detto finora, in alcuni casi appariva giustificato e magari anche necessario un riassetto dei territori diocesani, ma la situazione odierna giustifica ancora questo riassetto?


A mio modesto parere se era necessario intervenire nella revisione delle diocesi questo non significa dover a tutti i costi continuare a farlo all'infinito. In questo panorama di revisionismo, volendo utilizzare un termine caro a papa Francesco, stiamo smantellando quel sistema di prossimità che è una delle basi dell'apostolato delle diocesi. Ultimamente si assiste all'unificazione delle diocesi "in persona episcopi", ovvero un vescovo che è titolare di due o più diocesi che mantengono le strutture governative, mantengono la titolarità, la loro sede e la loro identità giuridica, tutto questo però sotto un unico vescovo. Questo sistema è giustificato da Roma con la volontà di ridurre il numero dei vescovi, anche perché dal punto di vista economico il risparmio è pressoché nullo, infatti spesso le curie rimangono distinte mantenendo i vari uffici diocesani propri.


Ma che senso ha unire due o più diocesi attraverso questo sistema? Veramente il problema è il numero eccessivo di vescovi? La risposta è "NI". 
Anni fa ebbi modo di colloquiare con un sacerdote che frequentava come studente l'accademia ecclesiastica a Roma, l'istituto che forma i diplomatici vaticani e che spesso finiscono a ricoprire ruoli molto importanti anche nel governo della Chiesa. Durante la chiacchierata mi confessò che uno dei più grandi problemi del dicastero per i vescovi era trovare candidati capaci di assumere il ruolo di governo episcopale, perché il livello culturale del clero è molto basso e questo si traduce in molti casi nella enorme difficoltà da parte di Roma di scegliere candidati sufficientemente all'altezza del ruolo richiesto. Questo sacerdote mi disse che uno dei motivi per i quali si riducono le sedi episcopali non è solo spinto dalla necessità di riorganizzare i territori, ma anche perché non si trovano preti capaci per essere vescovi. Se questo fosse vero, e la fonte sembra essere attendibile, ci troveremmo davanti ad un criterio molto ma molto preoccupante!


Quanto detto però ha dei riscontri, basti osservare la qualità dell'episcopato italiano: un disastro totale! In Italia abbiamo vescovi che non hanno minimamente idea di cosa significhi curare le anime, essere pastori e governare. Anche se fra i criteri di scelta sembrerebbe esserci quello di avere candidati con almeno una licenza o un dottorato in teologia, questo non è una garanzia, infatti conseguire una licenza o un dottorato presso una qualsiasi università pontificia, è tutt'altro che opera da titani. Quanti vescovi dimostrano ignoranza e disinteresse sul piano liturgico piuttosto che amministrativo? Posso avere una licenza in sacra scrittura ma avere anche profonda ignoranza in diritto canonico, tanti vescovi si ritrovano nei guai proprio perché spesso ignorano le norme canoniche creando a volte delle situazioni canonicamente complicate. Basti pensare a tal proposito al caso delle monache di Pienza, che si trovavano in un monastero canonicamente eretto che però non era di loro proprietà, requisito richiesto dal diritto canonico per l'erezione giuridica di un nuovo monastero.


Appare evidente che la Chiesa oggi si trovi in una situazione di liquidazione totale! Del resto quante chiese chiuse e lasciate al degrado? quanti conventi o monasteri si trovano in vendita? Altro che riassetto delle diocesi e spending review, qui più che una "chiesa in uscita" sembra di vedere una chiesa in "chiusura per cessata attività" o peggio "per fallimento". 


La speranza è l'ultima a morire, ma se continuiamo di questo passo rischiamo di far pendere anche quella ai nostri fedeli, del resto, la fede già si è persa e la carità è diventata un mero filantropismo. Che i nostri pastori si mettano una mano sulla coscienza e ritornino a parlare di Gesù Cristo e a mostrarlo alla gente attraverso una santa e bella liturgia. Non serve andare lontano, basta ritornare a quello che la Chiesa ha sempre detto e ha sempre fatto. Altrimenti l'unica cosa che gli rimarrà da fare è gridare al mercato come pescivendoli ambulanti.



don Bastiano Del Grillo


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