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giovedì 23 ottobre 2025

La missionarietà di chi non è missionario

 


Nella Chiesa ci sono diversi carismi, diversi compiti, diverse operazioni dello spirito, questo deve portarci inevitabilmente ad una riflessione: non tutti possiamo fare tutto. Ognuno ha un compito affidatogli dalla Chiesa, o dal proprio stato di vita.

Si può essere missionari pur non essendo inviati in luoghi di missione? Certamente si! Bisogna solo comprendere in che modo. Ma prima ancora di comprendere le modalità è necessario comprendere la natura della missionarietà cristiana.

Primo dato importante e fondamentale è comprendere il Fine. La Chiesa ha come missione quella di trasmettere la fede in Gesù Cristo, la verità rivelata da Lui e l’amore infinito ci Dio per le sue creature in generale. L'evangelista Luca ci ricorda che “Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio” (Lc.3,6). Chi deve mostrare questa salvezza? Colui che è stato amato da Dio e in cui il creatore ha riversato il suo amore salvifico.

La missione è innanzitutto un atto di amore con il quale, sull’esempio di S. Paolo “trasmettiamo ciò che abbiamo ricevuto”. Non possiamo dare ciò che non abbiamo, quindi il primo modo per essere missionari è quello di attingere l’amore di Dio, custodirlo, contemplarlo e poi diffonderlo.



L'esempio di S. Teresina di Lisieux

Interessante è il fatto che oltre a S. Francesco Saverio, noto per essere stato missionario, anche S. Teresina di Lisieux fu proclamata patrona delle missioni. Cosa curiosa se pensiamo che questa piccola monaca carmelitana non ha mai lasciato il suo monastero di clausura. Cosa spinse allora Pio XI a dichiararla compatrona delle missioni insieme a S. Francesco Saverio? La risposta si trova in quell'amore infinito che lei aveva per il buon Dio, lei si sentiva amata da Cristo e aveva il desiderio di redistribuire questo amore alle anime. Quale mezzo migliore poteva usare per redistribuire questo amore alle anime? Semplice: pregare per i missionari e offrirsi in sacrificio per la loro opera di evangelizzazione. S. Teresina aveva trovato il modo di essere missionaria pur senza uscire dal monastero. Tutto partiva dall'amore che Dio aveva riversato in lei attraverso la preghiera e l'unione con il Creatore e che lei desiderava far arrivare alle anime. Tutto parte dalla preghiera, e questo S. Teresina lo aveva compreso perfettamente:

«Per me, la preghiera è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo lanciato verso il Cielo, è un grido di riconoscenza e di amore nella prova come nella gioia; insomma è qualcosa di grande, di soprannaturale, che mi dilata l’anima e mi unisce a Gesù» [1]

Questa unione con Gesù ci fa veramente missionari, ci "dilata l'anima" al punto che non possiamo tenerci questo amore solo per noi, è impossibile! Siamo perciò obbligati a redistribuire questo amore alle anime.

Dobbiamo scrollarci di torno quell’idea malsana che ha il sapore di una tentazione che ci fa credere che bisogna attivarsi fisicamente, economicamente, giuridicamente e civilmente per poter “fare” qualcosa per gli altri. Non è lo zelo pastorale che fa la missione, ma l'amore che spinge ad essere zelanti.



Pregare è l’unica azione necessaria nella missione, tutto il resto è un "di più", o al massimo una naturale conseguenza della preghiera e della nostra unione con il Creatore! Possiamo costruire scuole, ospedali, orfanotrofi, case per anziani, ma tutto questo deve scaturire dalla preghiera a dall’ascolto della volontà di Dio, altrimenti tutto rischia di essere un opera umana frutto delle nostre capacita pratiche, ma svuotate di senso cristiano e cattolico. Lo zelo apostolico ha come fonte l'unione con Dio, altrimenti si riduce a semplice filantropia.



La missione è un atto creativo umano nel quale imitiamo l’atto creativo divino.

Dio ha Creato l’universo intero e l’uomo in particolare perché il suo amore non poteva essere rivolto solo a se stesso, sappiamo che l’amore di Dio Padre si riversa nel figlio attraverso lo Spirito Santo, ma questo atto d’amore è talmente grande che si espande in quella che è la creazione. Dio Crea per un esplosione di amore, la creazione dell’uomo è il punto più alto di questo atto. Dio da forma alle creature e in particolare all’uomo per far si che il suo amore possa essere riversato gratuitamente verso qualcuno di diverso a se stesso. Dio non aveva bisogno di fare questo, ma è stata una conseguenza del suo amore. L’atto ancora più estremo di questo processo è la redenzione dell’uomo da lui creato. Dio non poteva permettere che la sua creatura più perfetta si perdesse dietro colui che si è ribellato a Dio. Ed ecco che avviene la Redenzione come atto supremo e insuperabile dell’amore di Dio.

Nella missionarietà si vive la stessa dinamica: l’uomo caricato dell’amore di Dio per le sue creature, va alla ricerca delle anime lontane dall’amore di Dio, le aiuta e le sostiene attraverso le opere umane e attraverso le opere spirituali, ma il fine ultimo è di carattere soprannaturale; il punto da raggiungere è far conoscere amare e servire Dio in questa vita per poi goderlo nell’altra.

L’amore non è mai infruttifero. L’amore di Dio ha prodotto la creazione e la redenzione, l’amore coniugale porta alla “creazione” della vita, l’amore per Dio porta alla preghiera e all’unità con lui, che porta a sua volta alla creazione di opere di sostegno per più deboli o agli ignoranti, affinché conoscendo l’amore di Dio lo servano volenterosi e si rendano a loro volta propagatori di questo amore.

Nella Missione si sperimenta veramente la paternità e la maternità spirituale verso le anime, è un "commercio" di amore soprannaturale che riempie le anime e stimola l'intelletto umano ad un progresso spirituale e umano capace di edificare secondo la volontà di Dio.



La missionarietà oggi

Questo modo di intendere la missione ci fa comprendere quanto possiamo davvero essere missionari nei luoghi che frequentiamo quotidianamente. La nostra Europa infatti non viene identificata come terra di missione, appunto perché spesso si intende la missione come una somma di azioni volte al raggiungimento del benessere umano e sociale, ma come abbiamo visto la missionarietà cattolica deve partire da altri obbiettivi. Oggi è molto più difficile essere missionari in terre in cui il cattolicesimo è stato soppiantato dal culto della personalità, pertanto è necessario far ritrovare all'uomo occidentale e industrializzato la sua dimensione spirituale partendo dalla quotidianità. Del resto la corsa di molti alla ricerca di filosofie orientali che portino ad un'esperienza spirituale è sintomo di un vuoto che si cerca di colmare con ciò che non è verità.

Su questo campo dobbiamo tornare ad essere missionari, nelle nostre terre di tradizione cattolica in cui si è cattolici solo per consuetudine e non per convinzione. Dobbiamo tornare a parlare di anima, di spirito, di vita eterna, di verità, non una verità fra tante, ma della Verità unica e indiscutibile di Cristo Gesù. Siamo chiamati ad essere portatori di questa verità che salva l'uomo. Dobbiamo farlo con quel desiderio di portare le anime a Cristo; fonte di un amore infinito. Non c'è pregiudizio che tenga davanti all'amore di Dio, dobbiamo quindi farci missionari in questa Europa scristianizzata attingendo all'amore di Dio tramite la preghiera e la perfezione spirituale, per poi redistribuire questo amore a questa umanità sofferente.


don Bastiano Del Grillo


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Note:

[1] Teresa di Gesù Bambino del Volto Santo, MsC 25r°-25v°, OPERE COMPLETE, Libreria Editrice Vaticana-Edizioni OCD, Roma 1997, p. 263.




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