Continuiamo la rubrica dedicata alla liturgia e in particolare ai paramenti liturgici. Procediamo seguendo l'ordine con cui si indossano, quindi dopo aver descritto l'Amitto (qui) descriviamo L'ALBA, o più comunemente chiamato CAMICE.
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L'alba o il camice liturgico, per come lo
conosciamo noi oggi, è un paramento di lino bianco con maniche chiuse e lungo
fino quasi ai piedi. Esso viene serrato in vita da un cingolo.
Ma anticamente con quale nome è stato
conosciuto?
Anticamente il camice liturgico era conosciuto con vari nomi: tunica linea dal suo materiale; tunica talaris o semplicemente talaris da tali cioè caviglie poiché esso raggiungeva i piedi.
Ma anche alba cioè
bianco dal suo colore, ovvero alba romana per
distinguerla dalle tuniche più corte usate nell'antica Roma. Non è un caso che
in inglese ancora oggi, quello che noi chiamiamo camice, sia detto alb.
L'ORIGINE DEL CAMICE LITURGICO FORMA ED
UTILIZZO DEL CAMICE NELLA VITA QUOTIDIANA DEGLI ANTICHI ROMANI
A onor del vero questa variante, cioè
quella più tarda con le maniche, non fu inizialmente ben vista. Essa venne per
lungo tempo vista come un vestiario voluttuoso ed effeminato. In un certo
senso, la prima traccia di "impiego liturgico" di questa tunica, la
si deve a San Cipriano da Cartagine. Si racconta infatti che si accinse al
martirio vestito con questo indumento sormontato dal byrrhus (un
ampio mantello). Questo è uno snodo importante: sin dagli albori si verifica una confusione
tra dalmatica e camice. Certo un broccato dorato è molto più appariscente,
ma ad esempio un merletto in Gros Point de Venice fatto a mano,
esprime una maestria ed una dignità liturgica eguale se non superiore alle
tessiture di un tempo.
LE PRESCRIZIONI SUL CAMICE LITURGICO
L'alba o camice, deve essere di materiale nobile, perché nobile è la dignità degli atti che vengono officiati con essa. Tutti gli altri materiali e colori sono
esclusi, eccezion fatta per singole situazioni come per la Cina e i paesi
orientali in genere, dove vi sono usanze e simbolismi particolari.
IL SIGNIFICATO DEL CAMICE LITURGICO OGGI
E' impossibile parlare con certezza
delle origini di questo paramento. I liturgisti medioevali, che sono alla base
dell' iconografia dei mosaici ad esempio ravennati, ritengono di rinvenire la
sua origine nel Kethonet, ovvero una tunica di lino bianco di cui
si parla nell'Esodo.
A onor del vero una tunica di lino
bianco è anche parte dell'abbigliamento ordinario sia dei Romani che dei
Greci ai tempi dell'Impero. Dunque è molto probabile che si debba guardare a
questo indumento civile per rinvenire le origini del camice liturgico, tanto
che se volessimo essere precisi allora dovremmo convenire sul fatto che è nelle
parole di Trebellius Pollio che abbiamo una chiara prima indicazione di un'alba
subserica ( parliamo circa del 260 d.c.).
La tunica talaris era
la tunica più lunga e solenne. Era bianca ed utilizzata nelle occasioni più importanti,
a differenza di quella corta, usata sostanzialmente per l'impiego comune.
La tunica dei senatori e dei cavalieri
poi era caratterizzata da due strisce di colore rosso più ampie nel primo caso
(lati clavi), più strette nel secondo caso (angusti clavi), che
dal davanti attraversavano le spalle e scendevano dietro fino a raggiungere il
fondo della veste stessa.
La tunica era originariamente senza
maniche. Soltanto successivamente e progressivamente essa fu dotata di maniche.
La versione più antica cioè quella senza le maniche era chiamata colobium,
un aggettivo latino che derivava direttamente dal greco e significava appunto
mozzato o decurtato. La tunica con le maniche era chiamata tunica
mancata o anche tunica dalmatica, dal nome della
provincia Dalmazia nella quale si ritiene sia nata.
A papa Silvestro si deve un primo passo
verso il chiarimento dell'impiego del paramento, allorché ordinò che i
diaconi dovessero tassativamente utilizzare la dalmatica in chiesa e che la
loro mano sinistra fosse coperta con il manipolo.
Fino al XII secolo, tutti i chierici
indossavano questa tunica-dalmatica. Essa era molto ampia, poiché
al disotto, venivano indossati gli altri paramenti. Considerando anche la
ricchezza dei tessuti impiegati, ad un certo punto ci si rese conto che per
riti come l'immersione battesimale, il celebrante era letteralmente impedito
nei gesti.
Era giunto il momento di derivare dalla tunica dalmatica, l'alba ovvero il camice liturgico per come lo conosciamo noi, ben più aderente e leggero.
Si passa così da un uso civile, abituale e quotidiano ad un uso esclusivamente liturgico dell'alba. Mentre la tunica dalmatica era
realizzata con ricchi tessuti di seta, broccati e damaschi riccamente decorati
sul collo, sui polsi e sul bordo inferiore, il camice liturgico iniziò
ad essere adornato solo di ricami e pizzi.
Quando dico adornato "solo" di
ricami e pizzi, ovviamente esemplifico. Sarebbe riduttivo affermare che taluni
di questi camici fossero e sono ancor oggi meno solenni e degni rispetto a
quelli delle origini.
Per non parlare degli sfilati a mano,
delicati e pazienti lavori sempre più rari, poiché quella maestria e pazienza
spesso solo monacale, sta cadendo nel dimenticatoio.
A partire dal decreto della Sacra
Congregazione dei Riti del 1819, il camice liturgico deve essere di lino bianco
o cotone o al massimo lana.
Non mi dilungo sulla cattiva abitudine
di usare poliestere e altri materiali di bassa qualità per confezionare il
camice. Esso ha la stessa dignità liturgica della casula o del piviale, ma
siccome viene nascosto, allora lo si sottovaluta.
Possiamo fare riferimento alle parole di Papa Innocenzo III (1198-1216) per affermare che il bianco della veste indica purezza e nuova vita. Questo fu esemplificato attraverso la pratica di vestire di bianco i neo battezzati usando queste parole: "Ricevi questa veste bianca ed immacolata che tu indosserai fino al giudizio di Nostro Signore Gesù Cristo, che tu possa avere vita eterna. Amen." Similmente nel Messale Romano mentre il sacerdote indossa l'alba recita la preghiera di seguito riportata, che sottolinea la simbologia del candore dell'anima ottenuto dal sangue dell'Agnello immolato, simbologia strettamente legata al sacrificio della Messa che il sacerdote offre rivestito appunto dell'alba e degli altri paramenti.
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Fonti:
paramentisacri-caliciargento.it
Mario Righetti, STORIA LITURGICA. vol. 1 pagg. 592, 593.
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