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mercoledì 3 dicembre 2025

Maria Corredentrice e Mediatrice di ogni grazia. Un percorso logico oltre che teologico.


Avevo scelto di non intervenire a caldo sull'argomento della corredenzione e mediazione di Maria, non volevo farmi influenzare dalla rabbia e dall'indignazione per un documento tanto prolisso quanto vuoto di senso.

A distanza di qualche settimana però mi sembra doveroso intervenire e porre l'attenzione su alcune questioni che sono alla base del pensiero teologico che ci fa guardare a Maria Ss.ma riconoscendola appunto come Mediatrice di ogni grazia e Corredentrice del genere umano.

Non voglio entrare nel dibattito terminologico, anche se interessante, ma soffermarmi su questioni teologiche e direi anche logiche che ci portano a vedere Maria in maniera del tutto diversa rispetto ad altri protagonisti della cristianità. Quello che propongo è un percorso logico, per punti, che porta a delle conclusioni logiche, ovviamente non esaustivo ma che propone una chiave di lettura fra le tante disponibili.


1. Maria non è come tutte le altre donne, ma è l'Immacolata!

Punto imprescindibile da cui partire è il Dogma dell'Immacolata Concezione. Quello che qui dico non è nuovo, anzi, è quello in cui tutti crediamo e che la Chiesa ha definito come Dogma di fede. Questo significa che ciò che sto per dire non è frutto del mio pensiero personale ma di una deduzione logica a cui la Chiesa ha dato il suo "timbro".

Maria non è una donna come le altre creature, perché se così fosse sarebbe soggetta alla concupiscenza. Maria non ha mai sperimentato il peccato, motivo per cui la sua perfetta umanità non è vittima di quella tendenza al male di cui noi siamo vittime. Maria, pur essendo una creatura, e quindi potenzialmente soggetta alla tentazione, non poteva cadere in peccato per due ragioni fondamentali:

  • Maria a differenza di Eva era a conoscenza dei danni provocati del peccato. Eva infatti, era priva di esperienza, e non sapeva quali sarebbero state le conseguenze della disobbedienza a Dio. Certamente Dio aveva ben istruito i nostri progenitori su quali sarebbero state le conseguenze, ma Eva ha preferito dare credito alle parole del serpente piuttosto che a quelle di Dio. La sua disobbedienza quindi è stata da una parte il frutto di una non fiducia nei confronti di Dio, e dall'altra di una mancanza di consapevolezza diretta di quali fossero le conseguenze di questa disobbedienza.
  • In secondo luogo Maria, sempre in virtù del fatto che era priva del peccato originale, aveva una volontà pienamente conformata alla volontà di Dio che la poneva in una condizione in cui desiderava ciò che voleva Dio e quindi di conseguenza, un profondo disprezzo del male e del peccato di cui conosceva le conseguenze in quanto creatura dotata di intelletto. Maria avrebbe potuto scegliere il male, e se non lo fece è perché non lo voleva.

Riassumendo potremmo dire che Maria aveva esperienza, seppur non diretta, della bruttezza del peccato e delle sue conseguenze nella salute delle anime, e per questo non lo voleva, e la sua volontà perciò era perfettamente conforme alla volontà di Dio che appunto non può volere il male. Maria quindi è stata preservata dal peccato non solo per poter essere una degna dimora per il suo Figlio, ma anche perché Dio aveva necessità che almeno una creatura potesse avere quel candore morale e intellettuale che apparteneva a Eva agli inizi della creazione. Ecco perché diciamo a buon titolo che Maria è la "Nuova Eva". Dio aveva bisogno di "ricreare" il genere umano, e ha deciso di farlo attraverso Maria (nuova Eva) e Gesù (nuovo Adamo).

Dio si è assunto un rischio, perché Maria avrebbe potuto anche dire di no, ma per i motivi sopra descritti, la probabilità che Maria avesse aderito al progetto del Padre per la salvezza del genere umano, era di gran lunga più alta rispetto alla possibilità che Maria si fosse tirata indietro.

Il fatto di aver permesso un dono così alto e immenso ad una creatura umana pone Maria su un piano del tutto unico e diverso rispetto a quello dei profeti, dei patriarchi, dei santi, delle schiere angeliche, degli Apostoli e di qualsiasi altro discepolo di Cristo. Maria è quella donna decantata e attesa dall'Antico Testamento in cui Dio ha riversato una quantità di doni e di Grazie talmente alte da sorpassare qualsiasi altra creatura sulla a faccia della terra, motivo per il quale noi la definiamo "piena di Grazia". Una figura lungi dall'essere una semplice "discepola".

Lo ripeto e lo ribadisco: Maria non è come le altre creature!

Non esiste alcuna creatura privilegiata quanto Maria, e questi privilegi non sono dovuti a causa di un merito personale di Maria, ma esclusivamente perché il ruolo che ella avrebbe dovuto assumere sarebbe stato cruciale per la salvezza del genere umano, e Dio ha permesso in previsione della morte di Cristo, di concedere a Maria dei doni che sarebbero scaturiti proprio da quell'atto supremo. Questo però non significa affatto che Maria abbia solo ricevuto da Cristo in forma passiva, in quanto la sua adesione al "piano della redenzione" previsto da Dio ha permesso a Dio stesso di procedere con questo progetto di salvezza. Quindi Maria ha un ruolo attivo che scaturisce dalla sua piena e libera volontà.


2. Maria Madre di Dio

La definizione dogmatica di Maria Madre di Dio è stata formulata dopo accesissime discussioni durante il Concilio di Efeso nel 431. Questa definizione ha suscitato aspre discussioni fra i padri in quanto bisognava definire con precisione cosa significasse l'espressione "Madre di Dio". Può una creatura umana generare un Dio? Sembrerebbe quasi un atto pagano e mitologico degno dei miti greci. Nonostante ciò i padri conciliari giunsero a definire "Dogma di Fede" l'espressione "Theotokos" ovvero "Madre di Dio".

Anche oggi quando si studia questa espressione o si discute del suo significato è sempre necessario entrare nei dettagli del linguaggio teologico per spiegarla bene senza fraintendimenti. Dico questo perché il documento del Dicastero per la Dottrina della Fede al n. 22 afferma che:

"Quando un'espressione richiede numerose e continue spiegazioni, per evitare che si allontani dal significato corretto, non serve alla fede del Popolo di Dio e diventa sconveniente".

Non mi risulta che la spiegazione dell'espressione "Madre di Dio" sia più semplice da comprendere, se oggi è di facile comprensione è grazie alle numerose e continue spiegazioni formulate nel corso della storia che hanno fatto comprendere perfettamente il suo significato. Non si comprende affatto il motivo per il quale questa logica non possa essere applicata anche all'espressione di "Correndentrice e Mediatrice di ogni Grazia".


3. Maria Addolorata sotto la croce.

Il racconto della Passione di Nostro Signore ci mostra come Cristo è il redentore assoluto. Questo è un dato che nulla e nessuno potrà mai mettere in discussione. La storia della devozione mariana è testimone di tutto ciò. Sfido chiunque a trovare una devozione mariana che metta in ombra il ruolo di Cristo e del suo sacrificio redentore.

Tuttavia Maria ha un ruolo per nulla marginale sul calvario. Maria ha vissuto il dolore di una Madre che perde il proprio figlio in una maniera drammatica, sanguinolenta, senza pudore, senza pietà, con massima ferocia, con il massimo disprezzo possibile e con i dolori più atroci mai descritti. Qualunque madre che perde un figlio sa quale dolore immenso si prova nel vedere un figlio soffrire e spegnersi a causa di una lunga malattia piuttosto che di un tragico incidente. Maria senza alcun dubbio ha vissuto quel dolore amplificato dalla crudeltà di coloro che stavano uccidendo il suo figlio.

Questo dolore tuttavia non era l'unico, Maria ha vissuto sul calvario una vera e propria esperienza mistica.

Per comprendere questo concetto faccio riferimento ad alcuni santi che hanno raccontato alcune loro esperienze.

Santa Teresa D'Avila racconta nel capitolo 29 della sua biografia quanto segue:

“Volle il Signore che, trovandomi in questo stato, avessi più volte la seguente visione. Vedevo un angelo accanto a me, a sinistra, in forma corporea, cosa che non mi accade che rarissime volte. Anche se ho spesso visioni di angeli, li vedo solo con una visione intellettuale, come ho già detto. In questa visione piacque al Signore che lo vedessi così: non era grande, ma piccolo e molto bello, con il volto così acceso da sembrare uno degli angeli molto elevati in gerarchia che pare che brucino tutti in ardore divino: devono essere quelli che chiamiamo cherubini. Non mi dicono mai i loro nomi, ma vedo molto bene che in cielo c’è una differenza così grande tra un angelo e un altro, e tra questi e gli altri, che non riesco a spiegarla.

Gli vidi nelle mani un lungo dardo d’oro, che sulla punta di ferro mi sembrava avesse un po’ di fuoco. Pareva che me lo configgesse a più riprese nel cuore, così profondamente che mi giungeva fino alle viscere, e quando lo estraeva sembrava portarselo via, lasciandomi tutta infiammata di grande amore di Dio. Il dolore della ferita era così vivo che mi faceva emettere dei gemiti, ma era così grande la dolcezza che mi infondeva questo enorme dolore, che non c’era da desiderarne la fine, né l’anima poteva appagarsi che di Dio. Non è un dolore fisico, ma spirituale, anche se il corpo non tralascia di parteciparvi un po’, anzi molto. È un idillio così soave quello che si svolge tra l’anima e Dio, che io supplico la divina bontà di farlo provare a chi pensasse che io mento.

Nei giorni in cui è durato, ero come fuori di me. Non volevo vedere o parlare con nessuno, ma solo amare il mio dolore, che per me era una benedizione più grande di tutto ciò che le cose create potessero darmi”. 


Padre Pio in una lettera indirizzata a Padre Benedetto e datata 21 agosto 1918, riporta un'esperienza vissuta il giorno 5 dello stesso mese:

“In forza di questa (obbedienza) mi induco a manifestarsi ciò che avvenne me dal giorno 5 a sera, a tutto il 6 del corrente mese. Io non valgo a dirvi ciò che avvenne in questo periodo di superlativo martirio.  Me ne stavo confessando i nostri ragazzi la sera del 5, quando tutto d’un tratto fui riempito di uno stremo terrore alla vista di un personaggio celeste che mi si presenta dinanzi all’occhio dell’intelligenza. Teneva in mano, una specie di arnese, simile ad una lunghissima lamina di ferro con una punta ben affilata che sembrava da essa punta che uscisse fuoco. Vedere tutto questo ed osservare detto personaggio scagliare con tutta violenza e suddetto arnese nell’anima, fu tutto una cosa sola. A stento emisi un lamento, mi sentivo morire. Dissi al  ragazzo che si fosse ritirato, perché mi sentivo male non sentivo più la forza di continuare. Questo martirio duro senza interruzione fino al mattino del giorno 7. Cosa io soffrii in questo periodo sì luttuoso io non so dirlo. Persino le viscere vedevo che venivano strappate e stiracchiate dietro quell’arnese, ed il tutto era messo a ferro e fuoco. Da quel giorno in qua io sono stato ferito a morte. Sento nel più intimo dell’anima una ferita che è sempre aperta, che mi fa spasimare assiduamente”.


Per brevità mi limito a riportare solo questi due casi, anche se la storia ci racconta di numerosi altri santi, come S. Giovanni della Croce, S. Veronica Giuliani e molti altri, che hanno vissuto esperienze molto simili a quelle riportate.

Il fenomeno descritto è quello della così chiamata "transverberazione", ovvero un'esperienza mistica nella quale il soggetto si sente trafiggere il cuore da una spada, un dardo o una lancia.

Perché ho voluto riportare questi racconti? Il motivo è molto semplice.

Al capitolo 2 del Vangelo di Luca troviamo il racconto della presentazione di Gesù al Tempio, nel quale si narra dell'incontro fra Maria e il vecchio Simeone:

"Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima»" (Lc.2,33-35).


La devozione popolare ha sempre raffigurato la Vergine Addolorata ai piedi della Croce di Cristo con sette spade conficcate nel cuore. Una di queste spade si riferisce proprio al racconto del vecchio Simeone.

Sembra evidente che la "spada" di cui parla il vecchio Simeone si riferisca all'immenso dolore che la Madonna proverà successivamente nella crocifissione, dolore che non è semplicemente simbolico ma reale. Andando per deduzione puramente logica sembra altrettanto plausibile che qualsiasi santo non può superare ne in santità ne in dolori colei che è la "Tutta Santa" e che è definita "Addolorata" per eccellenza. Per pura deduzione logica diciamo che sembra ovvio che i dolori della Madonna non potranno mai essere minori rispetto a quelli dei santi.

Ciò comporta che la profezia del vecchio Simeone trova la sua piena e completa realizzazione sul calvario ai piedi della Croce. Maria non solo assiste alla crocifissione, ma prende parte ai dolori del figlio. Oltretutto c'è da osservare che al momento in cui il soldato trafigge con la lancia il costato di Cristo, Gesù non ha più la sensibilità del corpo, che invece continua ad avere Maria.

Il momento in cui il Cuore del Redentore viene trafitto dalla lancia è misticamente vissuto dalla Vergine, rendendo la Madonna pienamente associata ai dolori della Passione in una maniera unica e irripetibile. Come detto prima, in virtù della concezione Immacolata di Maria, l'esperienza mistica dei santi non può essere ne pari e ne più intensa rispetto a quella della Vergine. Detto in altre parole, se alcuni santi hanno avuto l'esperienza della transverberazione, non si capisce perché sotto la Croce Maria non avrebbe potuto viverla prima di tutti i santi e in maniera più intensa, se così non fosse i santi sarebbero un gradino sopra la Vergine il che appare veramente paradossale!


4. L'apparizione della Madonna Addolorata a Castelpetroso

Il 22 Marzo del 1888, in una spelonca nei pressi di una piccola frazione del paesino di Castelpetroso in Molise, la Madonna è apparsa a due pastorelle che avevano perduto una pecora. Mentre cercavano l'animale una di esse di nome Bibbiana fu accecata da una luce e vide l'immagine della Madonna Addolorata. L'immagine però non era quella solita, non era vestita di nero ma con i colori tradizionali blu e rosso, non era in piedi rivolta verso la croce o seduta con il copro morto di Gesù fra le braccia, ma in ginocchio, e con le braccia distese verso il basso dove era posato il corpo martoriato di Gesù. Il cuore della Vergine era trafitto da sette spade e aveva gli occhi colmi di lacrime. La Madonna non parlò, non disse nulla, rimase in un silenzio quasi rassegnato, non servivano le parole, il gesto che ella faceva era già eloquente di suo. Lei era lì ad offrire il suo dolore ma soprattutto ad offrire a Dio Padre i meriti di Gesù Cristo per la redenzione del mondo.

Questa apparizione ha numerosi elementi di particolare rilevanza alcuni dei quali unici, come ad esempio l'essere apparsa anche all'autorità ecclesiastica, ovvero il Vescovo diocesano mons. Francesco Macarone Palmieri. Alcuni elementi però appaiono utili per la nostra riflessione;

Innanzitutto la Madonna è apparsa in una posa alquanto insolita, in ginocchio e con le braccia rivolte verso il Figlio morto e steso a terra. Questa immagine ha un carattere oblativo molto forte. La Madonna offre al Divin Padre le sue sofferenze e le sofferenze del Figlio che si è offerto in sacrificio; è un'immagine molto sacerdotale! Chi offre il sacrificio divino ogni giorno sugli altari nella persona di Cristo se non il sacerdote?

Maria con questa immagine ha voluto mostrare qual è il compito della Chiesa: una missione sacerdotale che parte dal sacrificio della croce per giungere alle anime in forma di Grazie infinite. I dolori di Maria non sono solo una bella devozione, ma sono misticamente uniti a quelli del figlio in una maniera perfetta e perfettamente sacerdotale. Così come il sacerdote offre se stesso per continuare il sacrificio della croce nella sua vita, e sacramentalmente sull'altare, Maria lo fa in maniera ancora più perfetta perché Lei, come il Figlio, non deve offrire nulla per essere perdonata. Se il sacerdote offre il divino sacrificio per i suoi peccati e per i peccati del mondo intero, questo non può essere vero per Maria.

Sembra evidente quindi che il ruolo della Vergine presso la Croce era completamente diverso rispetto a qualsiasi altra persona presente sul calvario.


5. Assunzione di Maria in anima e corpo

Maria è stata associata nella purezza al Figlio per volere del Divino Padre in previsione della sua Morte e Risurrezione, perché la Madonna non sia solo una collaboratrice, ma un'"attrice protagonista" della Redenzione. Questo "santo protagonismo" di Maria è previsto e voluto da Dio solo ed esclusivamente per giungere al fine, ovvero la salvezza eterna del genere umano, questo comporta dei privilegi che sono sempre in funzione del fine. Dio non elargisce doni e privilegi per simpatia o affinità di pensiero come farebbe l'uomo, questi privilegi sono in gran parte conseguenza l'uno dell'altro. Anche la presenza di Maria sul calvario può essere definito un privilegio, perché come detto precedentemente la sua presenza non era di carattere accessorio ma pienamente funzionale al suo compito.

Fra questi privilegi consequenziali, l'Assunzione in anima e corpo della Beata Vergine Maria è la conseguenza ultima e  naturale della Concezione Immacolata di Maria e della sua partecipazione unica alle sofferenze del calvario. Questo nesso causale è ben descritto nella bolla di proclamazione del dogma dell'Assunzione di Maria "Munificentissimus Deus" di Pio XII.

Sembra logico che se la Beata Vergine Maria Madre di Dio è stata preservata da ogni macchia di peccato, non potesse subire la stessa sorte di coloro che invece sono stati toccati dal peccato. Maria a differenza nostra non è stata liberata dal peccato originale, ma ne è stata preservata. Se la conseguenza del peccato originale è la morte, appare ovvio che colei che era senza peccato originale sin dal suo concepimento, non potesse subire la corruzione e quindi non poteva morire. Infatti Pio XII afferma chiaramente che "l'Immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo".

Pio XII non ha usato l'espressione "nel momento della sua morte" ma diversamente: "terminato il corso della sua vita terrena". La differenza sembra minimale ma invece è sostanziale, perché se Maria fosse morta avrebbe significato che era soggetta alla legge del peccato, mentre Maria non poteva subire le conseguenze di qualcosa di cui era stata preservata.

Qualcuno però potrebbe obiettare che Gesù è morto! Maria quindi è più grande di Gesù? Ovviamente no! La morte di Gesù infatti, come anche quella di Maria, poteva avvenire solo attraverso un atto violento e non per cause biologiche legate alla vecchiaia o alla malattia. Il fatto che Gesù sia stato sepolto non significa che sia avvenuto il processo di decomposizione, per fede sappiamo che la sua permanenza nel sepolcro era necessaria sia perché in quei tre giorni Cristo scese a liberare le anime dei giusti dall'inferno, sia perché era necessario dare una prova inequivocabile della risurrezione.

Il fatto che la Chiesa riconosca che la Madonna sia stata assunta in cielo, avvalora la nostra convinzione di una superiorità di Maria rispetto a tutte le altre creature del cielo e della terra, una superiorità che Bartolo Longo ha riassunto nell'espressione "Onnipotente per Grazia" che solitamente recitiamo nella supplica alla Madonna del Rosario di Pompei. Se Dio è Onnipotente per natura, Maria lo è per Grazia, e questa onnipotenza è reale, prevista e voluta da Dio, il fine è sempre lo stesso: offrire al genere umano tutti i mezzi possibili per giungere alla salvezza. Questa onnipotenza permette a Maria di elargire e dispensare le Grazie, se Cristo infatti ci ha procurato le Grazie "de condigno" ovvero per giustizia divina", Maria le procura "de congruo" ovvero per benevolenza divina. In entrambi i casi il potere di "produrre le grazie" appartiene ad entrambi ma in modo e in una forma diversa ma voluta da Dio. Proprio in questi termini ne parla S. Pio X nell'Enciclica "Ad Diem Illum" del 2 febbraio 1904:

È dunque evidente che noi dobbiamo attribuire alla Madre di Dio una virtù produttrice di grazie: quella virtù che è solo di Dio. Tuttavia, poiché Maria supera tutti nella santità e nell’unione con Gesù Cristo ed è stata associata da Gesù Cristo nell’opera di redenzione, Ella ci procura de congruo, come dicono i teologi, ciò che Gesù Cristo ci ha procurato de condigno ed è la suprema dispensatrice di grazie. Gesù "siede alla destra della Maestà Divina nell’altezza dei Cieli"; Maria siede regina alla destra di Suo Figlio, "rifugio cosi sicuro e ausilio cosi fedele in tutti i pericoli, che non si deve temere nulla né disperare sotto la sua guida, i suoi auspici, la sua protezione e la sua benevolenza". 

Dire questo non significa affatto mettere in ombra Gesù Cristo, ma allargare il dominio e la diffusione della Grazia divina, ed è curioso come una Chiesa che ha fatto della Misericordia divina una bandiera sotto il quale porre qualsiasi cosa, faccia invece tanta difficoltà ad accettare che Dio possa dare ad una creatura come Maria, i mezzi e un potere così immenso per essere essa insieme con il Figlio dispensatrice di così tante e immense grazie. Senza Cristo non ci sarebbe salvezza, ma senza il "SI" di Maria non si sarebbe avviata l'opera redentrice di Cristo e avremmo molti meno mezzi a disposizione per attingere alla grazia divina.


6. Brevi considerazioni sul documento del DDF.

Il documento del Dicastero per la Dottrina della fede, così come si evince dalle prime righe, ha lo scopo di ribadire l'unica mediazione e redenzione di Gesù Cristo, questo sembra apparentemente ottimo, ma questo non lo si fa sminuendo il ruolo che Dio ha dato alla Madonna, oltretutto questa loro intenzione cozza terribilmente con gli atti di Papa Francesco come il documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi e tutte le dichiarazioni ambigue in cui si riconoscono la legittimità davanti a Dio di tutte le religioni. Come si può affermare che Cristo è l'unico mediatore fra Dio e gli uomini e poi riconoscere che Dio ha voluto altre strade per arrivare a Lui? E' un palese controsenso!

Un altro scopo dichiarato è quello di compiere uno "sforzo ecumenico".

Quanto dichiarato assume una gravità piuttosto rilevante, in buona sostanza si vuole affievolire la considerazione della Chiesa nei confronti della Vergine Maria per avvicinarsi al pensiero protestante. E' risaputo infatti come il mondo protestante, soprattutto luterano, disprezzi la figura di Maria. A cosa si voglia arrivare con questo "ecumenismo demolitore" certamente non è chiaro, anche perché avvicinarsi ai protestanti significa allontanarsi dagli ortodossi e viceversa.

La cosa grave però è proprio la ricerca di una falsa fratellanza che va ad intaccare il deposito della fede, e la fede sana del popolo di Dio. Anche perché nessun fedele in tutta la storia del Cristianesimo ha mai pensato e sostenuto la tesi secondo cui la Madonna fosse più importante di Cristo, e semmai qualcuno avesse provato a fare affermazioni di questo tipo di certo sarebbe stato guardato male da qualsiasi comune fedele.

Altro grande paradosso è la citazione di numerosi documenti magisteriali in cui si conferma la Mediazione e la Corredenzione di Maria, ma la conclusione rimane sempre quella di negare questi titoli, facendoli passare come "sconvenienti" o addirittura arrivando a dire che è sempre inappropriato usare il titolo di Corredentrice.

La Chiesa insegna che quando un'espressione è usata in maniera costante dai padri della Chiesa, dal magistero, nei discorsi dei pontefici, e da tutta la tradizione della Chiesa, sembra evidente che quella espressione o quel titolo rientrano nel deposito della verità rivelata.

Non è necessario dilungarsi in un lungo commento del documento in questione, sembra evidente che l'intento non è quello di fare chiarezza e correggere errori e storture, anche perché se così fosse ci sarebbero ben altri argomenti su cui il dicastero dovrebbe intervenire. L'intento è chiaro; relegare la devozione mariana a qualcosa di accessorio in favore di un dialogo ecumenico privo di fondamento. Non si può pensare infatti di dialogare escludendo gli aspetti fondamentali della nostra fede, perché una eventuale unità da raggiungere non può prescindere dalla verità.

Sembra piuttosto evidente che la confusione che regna sovrana nella Chiesa di oggi trovi massima espressione nei documenti che essa produce. Ciò che è ancora più triste è constatare come papa Leone si faccia ancora promotore di questa confusione.

A sei mesi dall'elezione di Leone XIV duole al cuore dire che la crisi della Chiesa è tutt'altro che superata. Il cammino è ancora lungo e faticoso, la strada tutt'altro che spianata. In questo contesto di generale confusione ciò che è prudente fare è rimanere ancorati alla fede con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione. Annacquare la nostra fede porta solo a peggiorare la crisi già in atto.

Preghiamo e invochiamo la Corredentrice del genere umano affinché attraverso di lei, Mediatrice di ogni grazia, la Chiesa possa ottenere quei doni soprannaturali necessari ad avere luce per l'intelletto, e giungere quanto prima alla proclamazione di un Dogma che renda giustizia alla figura della Madre di Dio Regina della terra e del Cielo.


don Bastiano Del Grillo




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