
In questi giorni non si può non fare una riflessione su ciò che la Chiesa celebra nei riti della settimana santa, il giovedi e il venerdì santo realizzano in pieno il dono della salvezza, sono giorni in cui si pone al centro l'istituzione dell'eucaristia, ma contestualmente anche l'istituzione del Sacramento del sacerdozio ministeriale, Sacramenti che sono in stretta correlazione fra loro e che incorporano in se il mistero della passione, morte e Risurrezione di Nostro Signore. Non possiamo pensare all'eucaristia slegandola dal sacerdozio e dal sacrificio, sono tre aspetti inscindibili al quale si aggiunge anche l'aspetto pasquale della risurrezione. Cristo istituendo il Sacramento del suo sacrificio ha istituito anche il Sacramento di coloro che questo sacrificio devono offrirlo, le due cose sono così strettamente interconnesse che non si può guardarle se non nella loro unità. Il sacerdote esiste perché esiste la S. Messa, ma nel contempo la S. Messa esiste quando il sacerdote offre il sacrificio della Messa.
La concezione protestante, che oggi sta dominando anche nella mentalità cattolica, ha voluto eliminare sia il concetto di sacrificio e di conseguenza anche il ruolo del sacerdote ad esso connesso, per dare risalto al carattere conviviale del banchetto pasquale, che pur essendo presente, non può essere l'unico da sottolineare come spesso purtroppo accade. Pensare ad una chiesa priva del sacrificio significa eliminare il concetto di religione inteso come legame soprannaturale con il Dio vivo e vero. Il concetto di sacrificio offerto a Dio è alla base della vita soprannaturale, noi infatti non possiamo non sentire la necessità di offrire a Dio qualcosa, anche la più piccola cosa, la necessita di offrire a Dio qualcosa è insita nella natura stessa dell'uomo, lo scopo risiede nel desiderio piu profondo di piacere a Dio affinche perdoni e cancelli il peccato, o piu in generale per raggiungere un fine ultimo che al momento è per noi irraggiungibile con le sole nostre forze. Per questo motivo esiste il sacerdote, per collegare la terra al cielo attraverso un'offerta perfetta che non è altro che la vittima capace di redimere le anime con il suo stesso sangue. Questa vittima è Cristo stesso, e dato che lui ha voluto offrirsi volontariamente in sacrificio è nel contempo anche l'offerente, ovvero il primo, unico, vero e perfetto sommo sacerdote. L'uomo che riceve l'ordine sacro del sacerdozio non solo partecipa a questo sacerdozio divino, ma presta le sue membra, i suoi gesti e le sue parole affinché questo sacerdozio divino continui l'offerta fino alla fine del mondo.
Il sacerdote cattolico è un prolungamento visibile nel tempo del sacerdozio sommo di Nostro Signore, per questo motivo diciamo che il sacerdote agisce in "persona Christi" perché nel momento in cui celebra il divino e santo sacrifico della Messa è Cristo stesso che agisce attraverso di lui! Che mistero incredibile! Che dono immenso per l'umanità sapere di avere immezzo a sé la presenza di Cristo nei suoi ministri!
A buon ragione Padre Pio diceva che se non ci fosse più la S. Messa il mondo crollerebbe, perché significherebbe che Dio non sosterrebbe più il mondo stesso!
Recuperare la visione tradizionale del sacerdozio cattolico equivale a una presa di coscienza della missione della Chiesa, quella di portare le anime a Cristo e quindi alla salvezza!
Il prete pertanto non può e non deve ridursi ad essere uno che da servizi sociali alla comunità, spesso le organizzazioni civili già assolvono alle esigenze materiali di una comunità, e il sacerdote rischia di essere uno fra tanti. Il prete è chiamato ad offrire un "servizio" in più; a condurre le anime a conoscere amare e servire Dio per poi goderlo per l'eternità. Il sacerdote può anche usare i mezzi ludici e ricreativi che una parrocchia puo mettere a disposizione per giungere a questo scopo, ma se si riduce a guardare il mezzo rischia di dimenticare il fine del suo apostolato.
La nostra preghiera per i sacerdoti è che siano prima di tutto santi, devoti, lontani dalle logiche mondane, dai lussi, dall'apprezzamento del mondo, ma capaci di vivere il sacrificio nella propria vita, di offrirsi insieme alla vittima e al sommo sacerdote che è Cristo. Il sacerdote, così come la liturgia di ordinazione dice, deve essere capace di imitare ciò che celebra, e di confermare la propria vita a quella del Cristo, ecco perché è importante che la liturgia sia espressione profonda del sacrificio della croce, solo la croce conduce alla santità perché è da lì che scaturisce il sangue che santifica e vivifica le anime. Nella liturgia moderna tutto questo non avviene, o quantomeno è messo in ombra da un protagonismo e da un clima gioviale che nulla ha a che fare con la croce di Cristo. Maria non ballava e non cantava canzonette mentre si operava la crocifissione e la morte del figlio!
Conservare la liturgia tradizionale significa dare vita alla Chiesa attraverso l'autore della vita stessa che offre il suo sangue come linfa vitale. Eliminare o mettere in ombra l'aspetto sacrificale della S. Messa cosi come avviene nel "novus ordo" non permette nemmeno di comprendere il carattere pasquale, che come detto prima è presente anch'esso nella celebrazione. Del resto bisogna riflettere sul fatto che ciò che ha operato la nostra salvezza non è la Pasqua ma il sacrificio; la Pasqua è l'elemento che permette a noi di avere la fede, ma non la redenzione che è appunto realizzata con l'offerta della vittima.
La concezione della nuova liturgia postconciliare riflette la paura dell'uomo di oggi di guardare in faccia la sofferenza in tutte le sue forme, e di conseguenza la nuova Messa non deve far trasparire nulla che possa ricondurre alla passione. Ma questa mutilazione depaupera pericolosamente il mistero Pasquale, paradossalmente lo priva del fondamento naturale del gaudio soprannaturale. Anche le scritture ci ricordano in più passi come la gioia nasce dalla tribolazione, e Cristo stesso ci dice che chi vuole entrare nella gloria deve necessariamente caricarsi della croce, altrimenti la nostra gioia è vuota. Il gaudio cristiano si fonda e prende vita dalla liberazione dal peccato che è stato operato dal sacrificio. È quindi fondamentale celebrare il sacrificio per comprendere la Pasqua.
In tutto questo il sacerdote non è colui che "presiede", perché questa idea prettamente moderna porta in sé il concetto che anche qualcun altro può prendere il suo posto. Il sacerdote è colui che celebra, che offre a nome del popolo la vittima santa e immacolata, che presta sé stesso al Cristo affinché si ripresenti quel santo sacrificio. Ecco spiegato anche il motivo per il quale il sacerdote si riveste di altri indumenti per celebrare la S. Messa. Non c'è più il "don" di turno all'altare, ma Cristo stesso. I paramenti sacerdotali "velano" la persona del sacerdote per far spazio alla persona di Cristo, proprio per questo diciamo che il sacerdote sull'altare è "un'altro Cristo".
Il Triduo Pasquale non è solo una ricorrenza annuale, ma una celebrazione e riattualizzazione dei misteri più alti della nostra Fede, misteri che inglobano i misteri del sacerdozio e dell'eucaristia, fondendoli in un connubio di soprannaturalità che unisce in maniera mistica il cielo e la terra, l'eternità e il presente.
don Bastiano Del Grillo
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